Viaggi di testa e viaggi nel mondo

Andando verso il sole … dell’Avvenire.

 

 

Sono andata a vedere l’ultimo film di Nanni Moretti incuriosita dal commento di un’amica, che mi ha detto che le era piaciuto moltissimo, mentre al marito per niente.

Il sol dell’Avvenire, è un film d’amore, un film di politica, un film sulle proprie rigidità e convinzioni, un film sul cambiamento, e anche un film sovversivo, come cita una scena.

Giovanni, il protagonista, è un regista che vive fedele ai suoi principi e alle sue convinzioni in modo assoluto. Se questo da una parte lo rende libero da alcune derive e pieghe che hanno preso le cose al giorno d’oggi, conferendogli integrità, dall’altro lo imprigiona. La rigidità che ne consegue, fino a sfiorare l’ossessione, gli determina un distacco dalla realtà e dagli altri: vive in un mondo suo, dove non vede altro e l’altro, e lo conduce in un precipizio di disillusione e solitudine, che può avere come epilogo soltanto la morte.

Persegue ideali di libertà, si oppone alle cose del mondo esterno che non gli piacciono, ma è incapace di opporsi a se stesso, alle sue roccaforti, che lo rinchiudono nella sua gabbia .. e neanche se ne accorge! Prende da anni antidepressivi per contrastare il suo disagio.

Una serie di batoste che non si aspetta, dalla moglie, dalla figlia, dalla politica, dal lavoro, sui vari piani in cui si svolge il film, distruggono le sue sicurezze. Ma sono quelle stesse batoste che lo salvano: e finalmente si arrende, non nel senso di rassegnazione, che era quella precedente, ma nel senso di resa.

Proprio chi decide di cambiare, e di vivere, chi fa le sue scelte, anche non convenzionali ma secondo quello che sente, chi decide di lottare, perché solo in questo vede una possibilità e una speranza, gli dà una scossa e gli permette di uscire da quell’ingessatura, che lo ha costretto a vivere nel suo mondo, nella depressione e nell’infelicità. 

Un film per me davvero denso e toccante, che mi e piaciuto molto, come mi piacciono quelle cose che toccano le mie emozioni, senza che me ne renda conto e senza che ne capisca subito il perchè: la comprensione arriva dopo il sentire, con tutte le riflessioni e gli spunti che ne derivano.

Mi sono commossa davanti alla possibilità che quest’uomo riesce a darsi (o forse non ne può fare a meno) per tornare a vivere, quasi inconsapevolmente, abbandonandosi finalmente agli eventi. Alla fine, questi, non sono portatori del disastro, ma tutt’altro: i fallimenti e quello che doveva essere la fine di tutto, si dimostrano un nuovo inizio.

Spesso è necessario che ci uccidano per rinascere. E’ necessario essere abbandonati da ciò che ci serve, lasciarci morire, affinchè avvenga una svolta. E’necessario abbandonare le nostre inutili fissazioni e abitudini, le cose e i presupposti poco importanti, che ci danno certezze.

Perché uscire dalle proprie gabbie significa ritrovare la libertà.

Il film mi ha fatto pensare alla straordinaria capacità che abbiamo, noi esseri umani, di attingere, talvolta, a qualcosa di non conosciuto, forse la famosa resilienza, che porta a modificarci e a darci nuove possibilità.

Anche la prima parte in cui Moretti recita in modo perentorio e pedante, che genera quasi un fastidio, e il senso di pesantezza che suscita, è funzionale per trasmettere l’ingessatura del suo essere; come i riti a cui si costringe, e costringe gli altri, per il timore di ciò che deve venire, per scongiurare che le cose vadano male; il suo subire quel vivere con paura, e la necessità quindi di tenere tutto sotto controllo, e che tutto debba essere esattamente come lui vuole.

Niente deve sfuggire, ma tutto poi sfugge. Perché cosi è la vita. Imprevedibile. Cambia.

E se noi non cambiamo con lei, ma continuiamo ad arroccarci sulle nostre seppur giuste convinzioni, siamo destinati all’infelicità e alla solitudine.

L’abilità sta nel restare fedeli a sè stessi e alle proprie convinzioni, senza che ciò ci ingabbi. Nel lasciare andare un passato, un modo di essere che non va più bene, che, appunto, è passato.

Nel danzare con la vita e con le persone che ci circondano, non lasciando che siano solo le parole, le idee a condurci.

Nel conquistare un po’ di quella leggerezza che a volte è necessaria per vivere.

Quella spericolatezza che è tipica dei trapezisti, che si lanciano verso il trapezio, forti di un buon allenamento alle spalle, e quell’eccitazione che coglie noi che li stiamo a guardare.

Il finale, è una specie di marcia su Roma, ed è una marcia verso la libertà. Non più soli, ma con la forza dell’essere insieme agli altri, comunità verso una direzione comune, verso una rinascita, un futuro, l’ignoto.

 

Di questo parla il Sol dell’Avvenire.

Di speranza.

Che la storia può anche cambiare con i “se”: non la storia che è stata, ma la storia che sarà.

E già nel titolo, si cela la speranza: perché nell’Avvenire c’è il sole.

Finalmente.

 

 

maggio 2023

 

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Patrizia Pazzaglia, Patty dopo un po’.

Sono versatile, camaleontica e un po’ nevrotica. 

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Prendo tutto molto sul serio e in tutto quello che faccio, se mi interessa, ci metto impegno e dedizione.

Scarsamente tecnologica, diversamente social.

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Perchè la vita è un gran bel viaggio.