Appunti per un naufragio e L’abisso
Lo scorso anno siamo andati in vacanza a Lampedusa.
Abbiamo letto un libro che era ambientato proprio dove eravamo. “Appunti per un naufragio.”
Mentre leggevamo quel libro stavamo di fronte a quel mare, dove tutto era accaduto e dove tutto accadeva. Quasi sempre, davanti a noi, la nave quarantena ci ricordava che non leggevamo soltanto una storia.
Abbiamo letto ed ascoltato tante storie.
Storie di padri e di figli. Di relazioni recuperate o perdute. Di madri, di dispersi, di ricongiungimenti. Di salvataggi e di morti. Di accoglienza e di solidarietà. Di torture, di crudeltà e sofferenza.
Qualche sera fa siamo andati al Teatro Comunale di Giovanni in Persiceto (Bo), vicino a casa nostra.
Abbiamo visto lo spettacolo tratto da quel libro, raccontato da chi lo aveva scritto, Davide Enia.
Abbiamo ritrovato posti, persone, storie.
E la stessa emozione.

“In “Appunti per un naufragio” emerge la vera storia di persone accomunate dall’esperienza della fragilità della vita, che come una rivelazione spinge ognuno verso un nuovo approdo, verso l’ascolto e la scoperta dell’altro.”
La storia degli altri arriva all’anima e si interseca con la propria storia personale, toccando l’umanità, le paure, le fragilità e i desideri che tutti abbiamo in comune.
Come a Lampedusa, quando leggevo il libro, anche a teatro in certi momento ho pianto.
Ascoltando le voci di chi si trova davanti a persone che hanno affrontato il mare, che hanno subito torture, che non avevano più niente da perdere.
Di chi si trova davanti a cadaveri, a chi non ce l’ha fatta, a chi se ne è andato cercando una vita.
Di chi si trova a dover scegliere chi salvare, o a ricomporre corpi, o a fare un gesto di accoglienza, offrire una tazza di te, una coperta.
Di chi si trova davanti alle proprie emozioni, alla paura, all’impotenza, alla compassione.
Di fronte a situazioni forti, tremende, disperate.
Di fronte alla morte.
Di chi si trova davanti a cadaveri, a chi non ce l’ha fatta, a chi se ne è andato cercando una vita.
Di chi si trova a dover scegliere chi salvare, o a ricomporre corpi, o a fare un gesto di accoglienza, offrire una tazza di te, una coperta.
Di chi si trova davanti alle proprie emozioni, alla paura, all’impotenza, alla compassione.
Di fronte a situazioni forti, tremende, disperate.
Di fronte alla morte.
Come dicono le parole di Emily Dickinson, in una targa posta all’ingresso del cimitero di Lampedusa
“Per uno sconosciuto, gli sconosciuti non piangono”.

Certi racconti dovrebbero sentirli o leggerli tutti.
Certi incontri sono davvero speciali.
E capitano così, quasi per caso.


Ogni vita è sacra
gennaio 2022
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Brava e fortunata tu sei che hai potuto fare un’esperienza profonda per la tua anima, con un libro, una rapprsentazione teatrale e con la realtà dei profughi. Il viaggio, capisco é esperienza perché é incontro, sperimentare gli altri, i diversi, i lontani, le loro storie, spesso tristi e difficili come appunto quelle dei progughi. Il viaggio aiuta anche ad immedesimarsi nelle storie private delle persone che si incintrano, in questo caso i profughi.
E’ bello poter attribuire aL viaggio questo potere ed é bello che tu viaggi orientata in questo senso.
Ciao e grazie
Grazie cara Mariadoria, non sempre accade che i viaggi o la cultura mi portino ad esperienze così profonde, certo sono sempre un modo per riconnettermi con me stessa e col mondo attorno, cosa che spesso non mi accade nella vita di tutti i giorni, che invece spesso mi fa perdere nelle cose poco importanti..