La mia vita in bianco e nero
Conoscete il detto
buttare il bambino con l’acqua sporca?
ovvero buttar via tutto, di qualcosa che presenta aspetti negativi, anche ciò che ci sarebbe di positivo?
Oppure
vedere solo il bianco e il nero?
che hanno confini ben definiti e si possono identificare bene?
Le sfumature che stanno in mezzo, le cose confuse, spesso mi lasciano incertezza, non mi fanno capire bene e quindi mi destabilizzano.
Eppure adoro i colori e riesco a vedere e comprendere le sfumature dell’anima.
Ma spesso mi capita di fare scelte in bianco e nero (black and white thinking) e di scegliere di buttare il bambino con l’acqua sporca (throw out the baby with the bath water…).
Non che di cio’ mi faccia vanto, anzi, è sintomo di scarsa flessibilità.
E’ una difesa, la mia. Significa privarsi anche delle parti belle e della varietà delle diverse tonalità. Ma, talvolta, se si comprende che si rischia di trovarsi invischiati in spiacevoli o difficilmente gestibili conseguenze, credo sia sano anche sapersi difendere.
Cio’ significa che, frequentemente, quando non vedo trasparenza o vedo troppa incoerenza, taglio.
Non subito, mi prendo tempo, rifletto, cerco di giustificare e giustificarmi, ma quando sento di essere arrivata al capolinea, metto un punto e vado a capo.
Succede quando sento una stonatura tra come una persona si mostra e quello che dice, o quello che agisce in certi frangenti, e come in altre circostanze si comporta, pur nella sua incoscienza. Oggigiorno, con la valorizzazione estrema dell’apparenza, dei social, della forma, della superficialità, è sempre piu’ frequente ed evidente, questo scollamento.
Comprendo che talvolta quello che muove una persona è l’ego. Il bisogno di riconoscimento da parte degli altri, il voler sentirsi amato.
Bisogni che appartengono alla maggior parte di noi esseri umani.
Posso arrivare anche a riconoscere le contraddizioni dell’altro e a giustificare certi comportamenti, se riesco a vedere che la manifestazione esteriore è frutto di una mancanza. Posso comprendere la ferita che ci puo’ essere dietro e intravedere il suo cammino.
Se l’ego è cosi’ spesso da non far trasparire l’anima, la fragilità, e ha trasformato in arroganza la ferita, sacrificando l’umiltà..allora no, credo sia inutile, che sia energia sprecata.
Se invece riesco a percepire l’anima sotto l’ego, che è la corazza, se questa non è completamente sopraffatta, allora posso essere disponibile ad accogliere.
Allora posso essere compassionevole, anche di fronte ad un agire che non condivido, o che reputo ingiusto, che mi fa arrabbiare o che mi ferisce, o che sento contraddittorio. Mettendo i dovuti paletti e con una certa diffidenza, a mia protezione.
Perché non posso dimenticare che le sfumature, le cose non chiare e definite, ne bianche ne nere, mi destabilizzano.
Se c’è apertura, e l’altro vede in me un’anima in viaggio come lui, se è pronto a mettersi in discussione, a far dialogare la mia anima con la sua, allora io posso andare a riprendere il bambino con la sua innocenza, lasciando andare l’acqua sporca giù nei tombini.
E magari anche cercare di vedere con lui tutti i magnifici colori dell’arcobaleno.
maggio 2019
foto di patty
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Mi rivedo molto in questo pensiero. Anche io normalmente riesco a cogliere sfumature in ogni cosa. In un gesto, una parola, un momento particolare. Eppure ci sono volte che il muro dall’altra parte mi impedisce di farlo e allora costruisco io stessa un muro di difesa!