Viaggi di testa e viaggi nel mondo

Linee di confine

 

 

Ho una strana attrazione per i confini. Forse  perché ho lavorato tanto sui miei, fragili, a volte troppo indefiniti, che mi hanno indotto, talvolta, ad immedesimarmi in modo camaleontico con altro da me.

I confini hanno il loro senso perché identificano e ci identificano. E una volta riconosciuti e fortificati, il bello è poterli varcare, ovvero superare ciò che ci confina appunto, per conoscere altro, il diverso.

Trovandomi a Gorizia, città di confine, non ho potuto fare a meno di seguire il desiderio di arrivare a Piazzale della Transalpina, dove, con un passo, dall’Italia si passa in Slovenia.

Avevo letto che al centro del Piazzale c’è un punto che divide le due nazioni e la città stessa, che da un lato si chiama Gorizia, dall’altro Nova Gorica.

 

 

E’ una linea che un tempo era un grosso muro di difficile valico, vecchio confine tra Italia e Jugoslavia, abbattuto nel 2004, quando la Slovenia entrò a far parte dell’Europa di Schengen, e che ha lasciato il posto a uno strano monumento: un cerchio sulla piazza che definisce il passaggio tra i due paesi.

 

 

Qui, si può passare da uno stato all’altro, ci si può cimentare nell’essere da una parte o dall’altra, come fanno i tanti che si fermano e fanno questo gioco, scattandosi foto. Ma si può anche sperimentare, non solo fisicamente ma anche metaforicamente, il confine, e fare qualche riflessione, attivando la consapevolezza: qua ci sono io, là ci sei tu, qui sono nella mia terra e lì sono in terra straniera. Si può superare il confine, e vedere cosa accade dentro di noi.

 

 

Cammino con curiosità su una strada poco affollata, dal centro di Gorizia, e mi avvicino a quel confine.

 

 

Ascolto quello che sento.

Penso che, in fondo, la città è la stessa, vista da una diversa angolazione, con diverse peculiarità, lingua, cultura, storia. E che anche gli abitanti, gli uomini, sono gli stessi: tutti esseri umani, simili, anche se con diverse peculiarità, lingua, storia e cultura.

Mi dirigo verso il punto indicato dove deve esserci il Piazzale. Arrivo nei pressi, e mi accorgo che cammino per un pò proprio sulla linea di confine.

 

 

Mi sento un po’ spaesata: non capisco bene dove mi trovo. Perdo la strada, e mi accorgo di averlo varcato il confine: per un pò non so più se incedo da una parte o dall’altra, nella mia terra o in terra straniera.

Sono confusa, mentre constato che cambiano le insegne, la lingua diventa da italiano a sloveno..

Poi, vedo apparire un edificio elegante, che ricorda le archittetture dell’impero austro ungarico, bellissimo,

 

 

Davanti c’è una grande piazza: è Piazzale della Transalpina, e l’edificio è la stazione ferroviaria Jesenice-Trieste, in Slovenia.

 

 

E poi ci arrivo, in quel punto ben definito nel mezzo del piazzale, dove basta un piccolo passo per restare, o per andare in territorio diverso.

 

 

Sperimento consapevolmente: lascio la mia terra e sono in terra straniera..sono sempre io, ma sento che qualcosa cambia in me.

Posso passare da una parte all’altra restando me stessa, mantenendo salda la mia identità, con la curiosità verso posti e spazi nuovi, che mi appartiene; cambiare punto di vista; andare verso qualcosa a me ignoto, diverso, aumentando le possibilità di conoscenza di quel che sento, di quel che vedo.

E penso che a volte abbiamo paura di varcarli, i confini.

Che a volte è semplice, basta un passo, mentre a volte ci perdiamo. 

O li difendiamo per paura di far entrare, per paura del diverso, dell’invasione.

Penso che a volte i confini sono solo nella nostra testa, altre volte sono muri di protezione, da abbattere, da trasformare in linee di definizione.

E il frutto del lungo lavoro fatto su me stessa, mi dice che solo quando li abbiamo ben chiari e delineati, i nostri confini, possiamo sentirci sicuri e possiamo sapere dove andare. E possiamo trascenderli, restando noi stessi, senza perderci, senza la paura e il rischio di diventare qualcos’altro, qualcun’altro. Come l’acqua che resta tale dentro a una bottiglia, ma diventa fango se versata nella terra.

 

E subito mi è chiaro il concetto:

che i confini, solo quando li hai definiti, sai dove sei e sai chi sei.

E non hai bisogno di difenderti

 

 

ottobre 2022

 

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Patrizia Pazzaglia, Patty dopo un po’.

Sono versatile, camaleontica e un po’ nevrotica. 

Una come tante.  Nessuna grande passione, ma so appassionarmi.

Prendo tutto molto sul serio e in tutto quello che faccio, se mi interessa, ci metto impegno e dedizione.

Scarsamente tecnologica, diversamente social.

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Perchè la vita è un gran bel viaggio.