Non sopporto gli influencer!
Nel mondo di oggi c’è una nuova figura di successo: colui che dà consigli per le scelte e per gli acquisti.
Occultamente (per i piu’ sciocchi), velatamente, o in modo molto manifesto.
Una figura a cui molti ambiscono, con cui vorrebbero identificarsi, e che tanti seguono: l’influencer.
Una figura a cui si vorrebbe assomigliare, per raggiungere il suo successo, quello che rappresenta o presenta. Forse per riempire dei vuoti di personalità, di idee. Per insicurezze, per mancanza di fantasia, per pigrizia o per conformismo.
Per essere come, per far parte di, per arrivare a.
Il testimonial che testa, e poi suggerisce, propone, e a volte neanche quello deve fare. Solo mostrarsi. Rendere desiderabile qualcosa, un oggetto, lo status che rappresenta, o il mondo che gli gira attorno.
Anche il politico, o chiunque in qualche modo abbia l’intento di portarti dalla sua parte, o da qualche parte.
Raccontando o mostrando quello che ci si vorrebbe sentir dire o si vorrebbe essere, o si desidera.
Non ho mai sopportato chi, per vendere, vuole convincere. Il negoziante che dice:
“questo va molto”
“ne ho venduti tanti cosi’”,
in nome di un’omologazione che non mi ha mai convinto. Un desiderio di essere uguali agli altri, o ai modelli di successo, magari, per distinguersi e farsi notare. Un controsenso.
La moda che ci vuole tutti uguali, uniformare i gusti, con il miraggio, per i destinatari, di avere piu’ considerazione, piu’ visibilità.
Ma cosa emerge in mezzo agli uguali?
Come se, senza il capo giusto, si potesse diventare invisibili, come se la personalità non avesse il suo valore.
Eh si, perché proprio sulla paura di essere invisibile, di essere da meno, di essere inferiori agli altri, tutto si basa.
E’ piu’ sano, invece, saper scegliere secondo il proprio gusto, seguire le novità, le mode, le tendenze, chiedendosi se veramente piacciono, non in modo coatto, perchè lo fanno tutti. Non puntando solo sull’esteriorità e sul conformarsi.
Ecco perché non sopporto gli “influencer”. Di ogni tipo.
Un “lavoro” basato sulle debolezze altrui. Sulla fragilità e sulla confusione di non sapere quello che si vuole.
Sul bisogno di essere come loro, anziché unici e irripetibili. Sul bisogno di adeguarsi, come adolescenti in cerca di un’identità, di un posto nel mondo.
Non ho mai sopportato chi volesse condizionare le mie scelte per poi magari voler far credere che le scelte fossero mie.
Conscia di essere facilmente condizionabile, resto quindi sempre all’erta, per non confondermi. Sostenitrice dell’originalità e dell’autenticità, di quello che rimane e non svanisce, alla ricerca di un appoggio su quello che c’è dentro, più che su quello che c’è fuori. Non mi piacciono i consigli che non siano genuini, non voglio dubbi dettati da altri, fuori di me: sono sufficienti i miei. Voglio sentirmi libera di decidere io, o non decidere.
Non sopporto gli influencer, preferisco informarmi su piu’ fronti. Confrontare, vedere, toccare, provare, cercare di sentire. Senza alimentare il bisogno, loro, di aver influenzato qualcuno in piu’, come prova del loro potere e del loro successo.
Apprezzo le informazioni che ricevo e anche l’ingegno nell’aver saputo cavalcare l’onda e sfruttare le loro capacità, il loro egocentrismo, i loro talenti, pur disapprovando fine e mezzo.
Non sopporto gli influencer, non loro per quel che sono, ma il sistema. Noi, che gli diamo potere.
Il potere di voler far credere che possiamo essere tutti uguali e nello stesso tempo diversi, unici benché copie, migliori per quel che si appare.
Di essere piu’ insieme, mentre invece rimaniamo sempre piu’ soli.
E, a volte, anche fregati.
agosto 2018
(foto Pixabay e Patty)
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Influencer per me è una parola bruttissima e ancora più brutta è la moda che si sta portando dietro.
Il fatto è che molti aprono canali social (e li fanno crescere a suon di acquisti) solo per quei 15 minuti di celebrità al giorno.
Per me, raccontare il mondo e farlo conoscere a chi mi legge è un’altra cosa… molto più seria e profonda.
Concordo in pieno Giovy, direi che siamo sulla stessa lunghezza d’onda! E andando a sbirciare il tuo profilo, mi sono accorta che la settimana scorsa avevo proprio letto la tua Avvelenata sul tuo blog, attratta dal titolo!!
Magari perché molti abiti, quello più semplici, appunto lì faccio io, ma questa moda usa e getta spesso realizzata con tessuti di pessima qualità e con tanti di lavoro schiavo io proprio la detesto
Già, e fosse solo circoscritto agli abiti, purtroppo si estende a tanti settori, anche le relazioni!