Viaggi di testa e viaggi nel mondo

Vuoti a perdere, come ancora non ho imparato a vivere (ma ognuno fa quel che può)

 

 

Un inizio un po’ fastidioso, nonsense, che non è chiaro dove voglia parare, ma che introduce il fastidio, l’ansia, il dolore che porta il senso del vuoto, il fallimento, la disillusione.

Il ritratto di un mondo che mi circonda e che ho dentro.

Diversi personaggi raccontano le loro sconfitte e il mondo che si trovano attorno, in cui, forse per la mia a volte nociva tendenza all’empatia, mi sono identificata, o forse perché gli argomenti emersi in qualche modo mi appartengono. Perfino tutte quelle bottiglie vuote, o semivuote, sparse sul palco, – i vuoti a perdere, appunto –  le ho sentito vicine.

“VUOTO A PERDERE”, dal ricordo della mia infanzia, era una scritta presente sulle bottiglie di vetro: erano quelle bottiglie che non dovevano essere restituite, potevano essere tenute, una volta svuotate del loro contenuto, e destinate o ad altri usi, se servivano, o ad essere buttate.

Ripenso a quante volte mi sono sentita svuotata e con una vita senza un senso. E anziché vedere la parte positiva, quella dello spazio che si viene a creare per accogliere nuovi contenuti, come professano i cultori della filosofia “think positive“, ho avvertito dolore, smarrimento, disperazione. Come se fossi, appunto, un vuoto a perdere, da buttare. Ho sentito talvolta la mancanza di un motivo per andare avanti, la sensazione di non aver piu’ nulla da offrire o di interessante da dare, che mi permettesse di essere apprezzata. Ho visto i mille difficili tentativi di trovarlo, quel motivo, di raccogliere l’energia per perseguire quei momenti di pienezza e felicità, che pensiamo dovrebbero spettarci, nella vita, che danno un senso ad alzarsi alla mattina, e che vanno oltre alla lista di canonici momenti di non trascurabile felicità, passaggi che bene o male caratterizzano la vita di noi tutti, che da uno dei personaggi sul palco sono stati catalogati in una ventina.

Navigando in quel vuoto, spesso ci si rende conto di sopravvivere, ovvero arrancare, andare avanti con quella fatica di vivere che non è vivere, e la sensazione struggente di stare sprecando il tempo della propria vita. La voglia che arrivi domani, aggrappandosi alla speranza che, come dice quella famosa canzone della Vanoni, “domani è un altro giorno, si vedrà“, per sfuggire all’angoscia di un oggi ostile e doloroso, che è l’unico che ci è dato per sicuro pero’, contro un domani che non ci offre comunque la sicurezza di tempi migliori.

 

 

Fuggire in qualsiasi cosa o luogo, per sconfiggere il tormento di precipitare in quel vuoto, per non interrogarsi e trovarsi davanti ai conti che non tornano, alla delusione o, peggio ancora, alla disillusione. Perche se siamo vuoti ci sentiamo perduti. Vuoti e perduti.

Riempirsi di cose da fare, da dire, da vedere, per non guardarselo in faccia quel vuoto; per non piombare nella noia, nel senso di non senso, in una condizione di ansietà.

Per non sentire il fallimento, per l’assenza di quella vita piena di successo, di serenità, di denaro, di persone attorno, di emozioni che spingono l’altalena, tenendo alto il livello di adrenalina, che ormai pare l’unico modo per renderla degna di essere vissuta, questa vita, e degna di essere mostrata a tutti.

Per non sentire il piattume della propria vita, la propria banalità, di non avere nulla di speciale o di attraente, e quindi di non valere, essere uno come tanti, anzi meno. Restare in trepidante attesa, come nel racconto del “Deserto dei tartari” di Buzzati, che qualcosa succeda e che dia la svolta, che si trasformi nel riscatto tanto atteso.

Per non sentire di non essere mai abbastanza, e che niente sia mai abbastanza per farci sentire pieni e soddisfatti. Essere come un pozzo senza fondo, dove si precipita senza sapere dove e quando si arriverà, nessun confine a proteggerci, totalmente impotenti.

 

 

Di tutto questo, e di altro, tratta “VUOTI A PERDERE“.

Dei motivi per cui qualcuno ha deciso di annegare nella bottiglia il suo malessere. Svuotare la bottiglia ed accorgersi che lui stesso è la bottiglia vuota.

Di questo desiderio di imparare a vivere, con gioia, con pienezza, con dignità e della difficoltà o dell’incapacità di farlo. Dell’osservare la propria vita con una coscienza, ed essere sofferenti perché non si intravede una via d’uscita. Dei conti che non tornano.. come le bottiglie vuote che galleggiano mentre quelle piene affondano.. galleggiare in quanto vuoti, o andare a fondo in quanto pieni, magari di cose inutili? lasciare andare questo contenitore che si è svuotato, questo vuoto a perdere, ormai privo di utilità, o intravedere una possibilità nel trovare un nuovo uso?

Si dice che quando si sente che non c’è più niente da perdere, si perdano anche le illusioni e che da lì si possa ricominciare a vivere..

Andrea Lupo, accompagnato dalla presenza e dalla musica di Guido Sodo, è bravissimo non solo a interpretare l’amarezza e il malessere del vivere, e a cantare, sorprendentemente, ma anche a scrivere testi attuali, intensi e toccanti, che inducono a interrogarsi, a riflettere, a contattare stati d’animo e una disperazione spesso conosciuti.  Fragili e sconsolati lo siamo stati tutti, in qualche momento della nostra vita, e talvolta, anche se vedere questo può non consolare, puo’ aiutare a farci sentire che non siamo i soli, e, forse, a farci provare meno vergogna ad accettare i nostri fallimenti.

Tornando a casa, dopo lo spettacolo, i miei vuoti a perdere, – il sacco del vetro da buttare-, mi aspettavano fuori dalla porta, dimenticati in un angolo. Così come le mie domande, sul senso di tante cose della vita in questi tempi, di questa età e del passato, i miei disagi del vivere con gli altri e con me stessa, le risposte che da sempre non arrivano, e la ricerca di quella scintilla divina, il pezzo di stella che brilla, che da un tempo indefinito sento dire che alberghi in tutti noi, ma che ancora, io, come una delle voci sul palco, non riesco a contattare.

So, ora, che, a differenza di quando ero bambina, quei vuoti non sono sempre a perdere: sono lì, in attesa di essere portarti alla campana del vetro, per essere riciclati.

Per una nuova vita, forse, chissà..

 

ottobre 2021

foto Teatro delle Temperie

Una produzione Teatro delle Temperie

Vuoti a perdere – confidenze alla bottiglia

 

 

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Patrizia Pazzaglia, Patty dopo un po’.

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