Pensieri e Parole
La vita in diretta, dentro
A volte non è facile, ed è quasi una forzatura non condividere una foto, un momento di pace, felice, di serenità.
A volte si vorrebbe far vedere, forse per il gusto di condividere al mondo i propri momenti belli, per celebrarli. O forse, chissà, per dimostrare che anche noi ci siamo meritati la nostra fetta di gioia, o siamo riusciti a prendercela. Che ce la siamo meritata e per questo, meritiamo. Un comportamento che diventa talvolta compulsivo, dettato da un bisogno di generare una reazione, un’interazione con qualcuno.
Eppure, c’è un gusto e un senso nel tenere per sé. Nel riappropriarsi della propria intimità, solo nostra.
Non mostrare agli altri, buttare fuori necessariamente.
Custodire un momento, un vissuto, dà la sensazione che acquisti un maggiore valore, anche se magari crediamo il contrario.
Tenerselo dentro è come cullare un piccolo un tesoro, senza metterlo in piazza, alla mercè degli altri, disperdendone la preziosità. Permette di ascoltare tutta l’energia che genera, dentro, non fuori.
E’ godersi un regalo nell’attimo in cui lo riceviamo; è quella gioia che deriva dalla consapevolezza di quello che stiamo vivendo, di quello che stiamo ricevendo.
Trattenere per assaporare; assimilare anziché rigettare e dissolvere più velocemente.
Vivere quel senso di soddisfazione tra sè e sè, che riempie. Senza la distrazione dal sentire, che nasce dal rendere evidente, dal baccano della partecipazione altrui, dell’interazione con gli altri, dall’interferenza nel momento che si sta vivendo, che porta fuori da sé.
La vita in diretta. Non in diretta social. In diretta dentro.
dicembre 2021
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Figli adolescenti e genitori: il senso di invasione in adolescenza
Qualsiasi cosa io faccia, o dica, qualsiasi passo, come madre di figlia adolescente, viene percepito da lei come invadenza.
Non metto in dubbio che davvero io possa essere una madre invadente, se penso a quelli che sono stati i miei vissuti. Il mestiere di madre (di genitore comunque), e anche l’indole, credo consista anche nel prendersi cura dei figli fino alla loro indipendenza (o almeno fino alla maggiore età), e per fare questo, nel periodo dell’adolescenza, quando cominciano a sganciarsi, ad essere ermetici, a non voler far sapere, a sperimentare, noi dobbiamo ancora vigilare, osservando, domandando. Ma anche questo, per quanto a noi possa sembrare essere fatto delicatamente, informalmente e buttato lì, viene spesso sentito comunque come una intromissione.
Loro si sentono già grandi, e per tante cose lo sono, ma non sono grandi per tutto; stanno sperimentando, e hanno ancora tanto da imparare. Nonostante sia importante dare fiducia e lasciarli fare, hanno ancora bisogno di limiti, quelli che non hanno ancora consolidato, per evitare che vadano a sbattere, sebbene la loro sfida sia di abbatterli, quei limiti. E’ il momento in cui spesso si sentono onnipotenti, e i limiti posti li riportano alla loro età, alla realtà, o alla umana finitezza.
Diventa difficile far percepire al ragazzo/a che è amato, che viene tenuto in considerazione, che il fatto di non essere abbandonato a se stesso è un segnale d’amore (e anche una fortuna); che anche quando pare che ci si preoccupi per lui è perchè ci si sta occupando di lui, –come è naturale che faccia un genitore-, perchè ci interessa il suo benessere. E che per far questo è importante anche sapere cosa fa, chi frequenta, cosa sente.. sorvegliare. Difficile farglielo comprendere senza dare la sensazione di star limitando la sua autonomia, le sue sperimentazioni o di esercitare un controllo: tutto ciò viene comunque percepito come un limite, un’intrusione.
Per noi genitori non è facile camminare sul confine tra una cosa e l’altra, essere attenti e controllare, lasciare andare e delimitare. E anche se ci dovessimo riuscire, credo che la percezione dell’invasione che ha l’adolescente non cambierebbe, tanta è la spinta all’autonomia, il desiderio di non voler controlli, di voler essere considerato un’entità capace di decidere lui per il suo bene. E anche la tendenza ad avere un avversario da contrastare, per affrancarsi sempre un po’ di più.
Educare i figli, come più volte ho sentito dire dagli esperti, significa principalmente renderli autonomi.
A parte quando inconsapevolmente davvero accade di entrare con invadenza nella vita del figlio, credo che come genitori presenti a noi stessi, si cerchi anche, osservando i ragazzi, la conferma di aver fatto un buon lavoro con la loro educazione, un cenno di rassicurazione che non ci siano problemi o difficoltà, che in prima battuta non si vedano, o errori che non ci siamo accorti di aver commesso.
A volte ci si barcamena con la difficoltà di placare la propria ansia di per non avere più la loro vita completamente sotto controllo, e per questo talvolta non si agisce nel modo migliore per la relazione.
Forse, bisognerebbe mettersi l’anima in pace e accettare la frustrazione di essere considerati degli invasori dei loro spazi (anche quando ci sembriamo delicati o siamo davvero noncuranti perchè ci fidiamo). Di essere considerati i limiti contro cui si trovano a combattere per costruire dentro di sè i loro confini, che è comunque una buona cosa. Di essere considerati dei “rompipalle”, che però contribuiscono a formare il loro senso di responsabilità.
Forse, l’adolescente, vorrebbe invece proprio sentire di essere abbandonato a se stesso, per sperimentare la sua capacità di autonomia, la sensazione di essere privo di lacci, di controllo, con la possibilità di agire e assumersi le conseguenze dell’agito in toto.
Forse servirebbe quell’atteggiamento di noncuranza (apparente, o “cura invisibile”) da parte nostra, l’esimersi da sguardi o pareri giudicanti, per quanto difficile, o talvolta impossibile, possa essere. Essere una presenza delicata, un contenitore che accoglie senza inglobare e senza fare da specchio riflettente, che fornisce un’immagine di rimando. Evitando di fare il Grillo parlante, impulso che spesso esce in automatico.
Allora, chissà, se si sentirebbero amati e nello stesso tempo più liberi dalla nostra presenza ingombrante, con un bisogno minore di contrapporsi, di ribellarsi..
Comprendere “stando”, senza nulla fare o obiettare (se non richiesto).
Un obiettivo durissimo, un grande atto di fiducia.
Che già è difficile fare con noi stessi, figuriamoci coi nostri figli.
novembre 2021
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Quello che non passa
Sono a un concerto e mi guardo attorno: ci sono persone di una certa età.
Poi mi fermo a pensare, e mi rendo conto che anch’io ho quella certa età..
Eppure gli altri mi sembrano più vecchi … o io mi sento piu’ giovane. Ma, forse, è lo stesso per tutti coloro che hanno questa “certa età” ..
Li vedo che si emozionano, hanno la stessa vitalità e passione, di quando erano giovani, e forse anche di più. Lo stesso entusiasmo, quando la musica comincia ad incalzare, con pezzi conosciuti e che amano. La musica li anima, battono le mani, si agitano, ballano, cantano, man mano che l’atmosfera si scalda, come se non avessero quella certa età, che forse non si sentono, come me. Con la voglia di condividere la stessa emozione, lo stesso godimento per una stessa cosa, che ti fa sentire insieme, ritrovare un’intensità e una spensieratezza che a volte pare perduta.
E’ bello vedere tutta questa vita e tutto questo movimento: anch’io sento il risveglio di certe sensazioni.
Tra loro (o meglio, tra noi), c’è chi ha la pancia, chi ha i capelli grigi, o bianchi, chi non li ha più, -i capelli-, chi ha le rughe, chi si muove con movimenti goffi e non più fluidi, chi appare “giovanile”, o vuole apparire tale, o fa quel che può.. ma la carica, la gioia, è la stessa, quella di un tempo.
E allora penso che certe cose non passano mai..
Una certa musica non passa, non ha età, e ti fa sentire così, senza età. Non smette di emozionare e ti fa emozionare ancora: diventa impossibile star fermi, non battere le mani, non seguire il tempo coi piedi, non portare dentro quel movimento vitale, non essere corpo senza pensieri. Sensazioni, che sembravano lontane: ritornano, perchè la passione, qualsiasi sia, perdura nel tempo. Magari è assopita, soffocata da tutti gli eventi di un’esistenza, ma è pronta a risvegliarsi, in questo caso, di fronte al suono di singoli strumenti che riescono a diventare una cosa sola, a creare armonia e bellezza, e a coinvolgere tutti con la stessa emozione, forse legata a ricordi, quelli che han fatto la vita, ma anche alla consapevolezza di essere lì, presenti, vivi, ad emozionarsi ancora.
E allora penso anche, che non sappiamo cosa ci aspetta, ma abbiamo tutti la stessa voglia di sentire le nostre cellule che vibrano, si muovono, cantano, celebrano la vita, si rigenerano. Ognuno cercando quello che ci piace, o trovandolo per strada, lontano, o a pochi passi da casa..
E che la voglia di sentirsi vivi ci accomuna, non solo noi di una certa età: è il desiderio di tutti.
Oh-oh, someday girl I don’t know when we’re gonna get to that place
Where we really wanna go and we’ll walk in the sun
But till then tramps like us,
baby we were born to run
(Un giorno, ragazza, non so quando raggiungeremo quel posto
dove davvero vogliamo andare e cammineremo nel sole,
ma fino ad allora, baby, noi siamo nati per correre)
settembre 2021
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Alla luce del tramonto
Quante volte nella mia vita mi sono ritrovata in un momento così, al calar del sole, a guardare il mare..
Eppure questo momento cosi conosciuto ma intenso, non finisce mai di darmi certe sensazioni, di farmi sentire che questa intensità e consapevolezza significa “succhiare la vita fino al midollo” (cit. L’attimo fuggente).
Ovvero, osservare il mondo con coscienza, accorgendosi di vivere. Quando si realizza che non è importante quello che si fa o dove si è, ma rendersi conto che si sta vivendo.
Sarà l’ora particolare, la luce del tramonto; sarà il mare o la brezza marina; sarà l’avvicinarsi della fine di una giornata trascorsa con la sabbia morbida sotto i piedi, il calore del sole sulla pelle, il profumo della salsedine attorno..
Sarà la bellezza di essere dove si è senza desiderare di essere altrove, nel passato o nel futuro, e di non anelare ad altro..
O sarà la scelta di trovarsi ancora una volta a rivivere senza lo stupore dello sconosciuto, ma col godimento del conosciuto, che fa aleggiare l’opportunità che si ripeta un momento di profonda presenza e soddisfazione..
Sarà, forse, un momento atteso e tanto desiderato.. sarà tutto questo, che mi fa respirare un presente semplice che non chiede altro, la cui memoria servirà per quando la monotonia e il senso di non senso si imporranno e vorranno prevalere, vorranno farmi arrendere, far capitolare, al loro cospetto..
E allora respiro questo nutrimento, guardo e chiudo gli occhi per incamerare, ascolto il rumore di quel mare pacificatore e ristoratore.. Affinché, appunto, il ricordo dell’esistenza di questi momenti alla portata, mi risollevi, nei tempi bui, mi avvolga e mi rincuori, e sia motivo, giustificato, per ritornare nel passato e proiettarmi in un futuro. Che mi ricordi che esistono, e che ritornano, quei momenti, di pace, di contemplazione, in cui mi fermo e in cui ancora una volta assaporo la vita, fino al midollo. Anche quando è il tramonto, e pare che tutto stia per finire.
Settembre 2021
stesso luogo, stesso periodo, 2 anni fa
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La fiducia è una cosa seria
La fiducia è una cosa seria
Pesa le parole. Elimina il sarcasmo o le frasi pungenti.
Sii leale e trasparente, niente ambiguità, prendi posizioni precise.
Se pensi che devi proteggerti da qualcuno, non puoi pensare che ci sia fiducia.
Se pensi che qualcuno non possa comprendere quel che vuoi dire, domandati se ne vale la pena, dare fiducia.
Perchè ogni volta che qualcosa vien taciuto, quando ci sarebbe un impulso ad esprimersi, si crea una frattura. Ogni volta che si sente che non ci si puo’ fidare, si prende una distanza. Ogni volta che senti che devi fare attenzione a quello che dici, a quello che fai, a quello che dicono, a quello che fanno, non puoi ascoltare e accogliere: l’istinto è di difendersi. E, prima o poi, si puo’ arrivare ad essere troppo lontani per ritrovarsi, per ricucire, per riprendere un rapporto.
Guardati attorno, ascoltati dentro. La fiducia è una cosa seria.
Non gettare le perle ai porci e cerca di essere degno del dono della fiducia altrui.
Fidarsi è anche mettersi un pò nelle mani degli altri. Donare una parte della propria vulnerabilità.
E abbiamo tutti voglia di fidarci, di buttarci, pur sapendo che potremmo perdere qualcosa. Abbiamo tutti voglia di volare, prendere il rischio.
Non scherzare con la fiducia per una rivalsa personale, per una frecciatina, un messaggio indiretto, per dire e non dire. Che magari qualcuno non replica ma incassa, capisce o non capisce, elabora e trae le sue conclusioni, magari su malintesi, e puo’ perdere la stima. O può sentirsi ferito. Che una volta persa, è difficile riconquistarsele, la stima e la fiducia. Chiediti se la persona, il rapporto, ti interessa oppure no, prima di agire soltanto per il gusto di colpire, per quanto qualcosa possa averti infastidito. E chiediti, se sei tu a sentirti colpito, se c’è una reciprocità nel rapporto, se puoi non avere inteso bene. E quando senti che qualcuno non sembra sincero o limpido con te, indaga su quanto ci tiene, se merita la tua fiducia.
E se senti che vieni chiamato in causa, per competere, che c’è una gara a primeggiare o a conquistarsi un posto di attenzione, da qualcuno su cui hai riposto la fiducia, stai all’erta.
E se qualcuno ti dice ciò che non vorresti sentirti dire, una cosa scomoda, che magari hai anche chiesto tu, è perché di te si fida. Se non si fidasse, ti direbbe una bugia, oppure sarebbe compiacente o lusingante, dicendo quello che vorresti sentirti dire tu, e non la verità. Se ti risenti, stai tradendo la sua fiducia. E la fiducia è una cosa seria.
Forse fa male eppure mi va..
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Vivere e lasciare andare
Sai quale e il segreto?
Che non bisognerebbe attaccarsi troppo, contare troppo, aspettarsi troppo.
Non dare troppo spazio all’immaginazione, non voler vedere quello che si vuole, invece che la realtà.
Godere delle persone, delle relazioni, dei momenti.. e poi guardare avanti.
Farsi toccare, contagiare, emozionare, assaporare, condividere. Ma poi lasciare andare.
Non dico dimenticare, anzi, creare dei ricordi, averne cura e incarnarli. Imparare. Ma null’altro.
Sai qual’è il segreto?
Non pretendere.
Lasciare che cose, persone, momenti, ritornino se è il caso, e se vogliono. Lasciare libertà e lasciarsi liberi.
Non volere che ci siano ripetizioni, non cercare di far accadere cose, incontri, a tutti i costi.
E cercare soltanto quando si è liberi da pretese e aspettative.
Quando non è frutto di un bisogno.
Quando quel che si cerca non è la risposta a un vuoto, a una mancanza.
Quando si è liberi dalla presenza o non presenza dell’altro. Dal rischio di attaccamento, di possesso. Dalla nostalgia di un ritorno al passato.
Quando si è certi che la risposta sia al presente, e non a un episodio, o a qualcuno, del passato.
Dall’attaccamento sorge il dolore, dal dolore viene la paura.
Per colui che è totalmente libero non c’è attaccamento, non c’è dolore, non c’è paura
Buddha
Sai quale è il segreto?
Lasciare.
Lasciare andare, lasciare correre, lasciare perdere, lasciare liberi. Lasciarsi scivolare addosso. Lasciare cadere e lasciare accadere.
E poi lasciare uno spiraglio, se è il caso, per riaprire. Per dare, e darsi, una possibilità.
Che non è facile, non ricadere nella ferita. Non dire “è colpa sua”.
Che è difficile vivere con consapevolezza, ed essere liberi. Vedere il nostro desiderio di contatto, di apertura e, insieme, la nostra grande vulnerabilità.
Sai quale il segreto?
Che non c’è nessun segreto.
Si fan propositi, si fanno piani, si studiano strategie. Poi ci si casca e ci si ricasca. Spesso.
E, alla fine, si fa quel che si può.
Se ti rendi conto che tutte le cose cambiano, non c’è nulla a cui proverai ad aggrapparti.
Lao Tsu
aprile 2021
foto di copertina Marina di Ravenna
foto finale Molveno
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La voglia di tornare a viaggiare nel mondo
Dammi un aereo che voglio volare..
..in alto, dove le cose le vedi piccole, da lassù, e distanti, magari quanto basta per dare la giusta dimensione. Un aereo per allontanarmi da quello che è l’oggi, tutto uguale, l’alternarsi delle stagioni, il sole che non arriva, l’energia che resta compressa, la voglia di sognare.
Dammi un treno che sfrecci e mi trasporti in poche ore in un’altra realtà..
..il paesaggio che passa veloce, la gente che scende di fretta, e va, chissà dove, ma in un altro posto, o a casa, da un altro posto.
Dammi un auto, aprimi il finestrino, che senta che sto andando…
..che mi arrivi il vento, che possa respirare e andare altrove, comunque via da me, dai miei pensieri, dalle abitudini, dai miei paesaggi, per un’ora, per un giorno, per una settimana.. per un attimo.
Dammi una moto e portami via..
.. portami via lontano, che può anche essere vicino, in termini di spazio, ma i paesaggi corrono, si avvicendano, e io sono in viaggio, indipendentemente dalla meta.
Dammi una bici, per pedalare con l’aria in faccia, e non guardare verso il basso..
.. o avere lo sguardo fermo. Per conquistare un po’ di spensieratezza, mettermi in movimento, per allontanarmi almeno un po’, con un mezzo che mi porti via, dal tempo che devo aspettare, dai sogni che non posso sognare, dagli entusiasmi che conservo nel cuore.
E se non tutto questo… dammi almeno un tempo…
…che io possa sognare di lasciare alle spalle, anche solo per un pò, ciò che non posso cambiare o ciò che non voglio lasciare. Per sperare in qualcosa di nuovo, o diverso, che non sia sempre io, o quello che ho attorno. Che io possa muovermi, non solo dentro. E ancora, sognare che io possa prendere un aereo, un treno, un auto, una moto, una bici e vagare nel mondo.
aprile 2021
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Lasciami sognare di viaggi
Lasciami sognare di viaggi, nel tempo,
e del tempo dei viaggi.
Per immaginare o ricordare
la bellezza del mondo,
e il contatto profondo con me.
Lasciami vagare, cercare posti,
col corpo o con la mente.
Percorrere strade e cieli,
finchè l’esperienza, diventata ricordo,
renda più ricco l’animo mio.
Lasciami guardare,
con gli occhi sorpresi e il cuore aperto
paesaggi infiniti,
odori suadenti,
e suoni preziosi.
Perchè il mondo contagi
tutto di me,
la bellezza pervada,
e la vita rinasca ogni volta,
ad ogni mio viaggio.
Lasciami stare
col sapore di una nuova scoperta
con l’entusiasmo fibrillante e la vivacità,
per un nutrimento
che mi fa guardare intorno e dentro.
Ancora una volta,
con gli occhi meravigliati e sognanti
di chi si accorge che sta vivendo.
(foto di patty)
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La vita degli altri
E’ naturale voler condividere momenti belli e felici, mostrare le parti migliori di noi, le cose belle, i nostri successi, voler coinvolgere gli altri nel nostro entusiasmo. La gioia condivisa sembra che acquisti ancor più valore. O forse siamo noi che, gioiosi e felici, acquisiamo più consenso e quindi ci sembra di valere di più.
Come è naturale voler vedere le stesse cose, la bellezza, persone di successo, storie a lieto fine, entusiasmanti. Ci mettono di buonumore, ci danno la speranza di poter raggiungere gli stessi traguardi, realizzare desideri, ci motivano con degli obiettivi. O semplicemente ci permettono di distrarci un attimo dai nostri momenti bui, o dalla noia della routine.
Da una parte, all’estremo e di frequente, sovraesposizione e ostentazione, soprattutto sui social, troppo spesso regnano sovrane, presentando modelli irraggiungibili di felicità e successo, dove viene mostrata una parte soltanto, e ne viene celata un’altra. Dando la visione di un vita tanto ambita quanto non reale, che a confronto con quelle concrete può generare, talvolta, un senso di inadeguatezza, fallimento, tristezza, invidia. Dall’altra parte, la superficialità e il fermarsi all’apparenza fanno galoppare questi modelli, aumentando i loro consensi.
In un contesto tale tutti diventano, o diventiamo, influencer, ovvero portatori di condizionamento nella vita degli altri. Con la responsabilità non solo di chi agisce, ma anche di chi subisce, o sceglie proprio di farsi abbagliare da qualcosa di incompleto.
Chi guarda la vita degli altri, che appare perfetta, o mostra così la propria, dovrebbe essere consapevole che sta avendo o dando un quadro parziale. Che la realtà non è solo quella, non è fatta solo di rose e di fiori.
“L’erba del vicino è sempre più verde” …fino a quando non scopri che era sintetica!
E’ naturale guardare il giardino degli altri, per scoprire qualcosa di più, di nuovo, di diverso. Ma va messo in conto il rischio di rimanere vittime del paragone con certi aspetti della propria vita, e/o dell’ambizione di avere quello che hanno gli altri. Senza renderci conto, magari, che da quel che viene mostrato, è stata rimossa la parte che si nasconde dentro casa, che dal giardino non è visibile.
Vogliamo vedere il bello? Cerchiamo leggerezza? Fantastichiamo di raggiungere quei modelli perfetti (che non esistono) o ci sentiamo frustrati perchè non riusciamo a raggiungerli, o perché nella nostra vita (reale) non tutto è perfetto?
A rigor di onestà, quando ci facciamo sedurre da certi personaggi, modelli, situazioni, quando scatta la bramosia, conscia o inconscia, di raggiungere certi modi di essere, o stili di vita, non dovremmo fermarci solo a quello che si vede.
Dovremmo sapere che sui social, instagram, facebook, sulle copertine o dentro le riviste, spesso viene mostrato solo un pezzettino della vita delle persone.. a volte succede perfino con qualcuno che ci sta davanti o che ben conosciamo! Perché… ops! solitamente c’è dell’altro: quando non vengono mostrate, ci sono comunque anche le emozioni dolorose o scomode, ci sono i momenti duri e le difficoltà da affrontare. Come nella vita di tutti.
Se guardare sorrisi e lustrini ci fa bene, ci sprona a fare e cercare il meglio, ben venga! La cosa importante è non cadere nell’equivoco che quello che ci viene mostrato sia l’unica realtà e rattristarci perchè per noi le cose non vanno così bene. O mettiamo in dubbio che non tutto è come viene presentato, e cerchiamo di non farci abbagliare, o continueremo a sbavare e coltivare insoddisfazione di fronte a racconti o modi di fare seduttivi, messi in atto per ottenere visibilità, consenso, desiderio di essere seguiti, da chi non importa chi sia, -basta che faccia numero,- sprecando il nostro tempo ad ammirare la vita degli altri.
Anziché, -anche se talvolta puo’ costare fatica,- cercare di trovare il bello nella nostra di vita (e lavorare per quello).
O in una vita integrale ed autentica, per quanto imperfetta.
febbraio 2019
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