Viaggi di testa e viaggi nel mondo

Il Cristo di San Giovanni della Croce di Dalì

 

 

Quando ascolto quello mi succede davanti a un capolavoro, comprendo nella pratica che è vero che il linguaggio dell’arte è un linguaggio universale, che parla al cuore delle persone. Che tocca qualcosa che appartiene a tutti, nonostante tutto, e nonostante noi, e sopra al livello della coscienza.

Ero a Roma per lavoro, e mi sono trovata, per caso, a dover modificare il mio itinerario, percorrendo via del Corso, da Piazza Venezia, per andare verso Piazza del Popolo.

Arrivando davanti alla chiesa di San Marcello del Corso, un pannello ha catturato la mia attenzione: c’era scritto che all’interno della chiesa era esposto, per un breve periodo di tempo, un dipinto del Cristo di Dalì

 

 

Io una mostra di Dalì l’avevo vista a Matera, nel dicembre 2021, e mi era piaciuta moltissimo: in molte parti della città si potevano ammirare le sue sculture più famose, e all’interno di una chiesa rupestre era stata allestita una mostra stupenda dal titolo “La persistenza degli opposti”, dove si trovavano alcuni dei famosi orologi molli e molte altre sue opere.

Non ci ho pensato quindi 2 volte ad entrare nella chiesa, e poco oltre l’ingresso, in uno spazio raccolto, dai toni del rosso, mi è apparso, flebilmente illuminato, il grande dipinto: ho subito capito di essere davanti ad un capolavoro.

 

 

Il Cristo di San Juan de la Cruz, o Cristo di Port Lligat, è stato ispirato a Dalì dal frammento piccolissimo di un disegno di San Giovanni della Croce, una reliquia che si trova esposta proprio sotto al dipinto, che non si riesce quasi neanche a vedere, dentro al contenitore dorato che la contiene: bisogna leggere la storia per capire di cosa si tratti. Entrambi i disegni ritraggono il Cristo sospeso sulla croce visto dall’alto, un punto di vista davvero singolare

 

 

Ho ammirato il quadro da più angolazioni, e ho ascoltato quello che mi trasmetteva. La prima cosa che mi è saltata all’occhio sono stati i colori, la contrapposizione tra il cielo nero, in alto, e le tonalità dell’azzurro del cielo e del mare, in basso, che fanno pensare alle tenebre della morte, e alla luce, ai colori, della vita.

Sotto alla croce, sospesa nel buio, infatti, come un flash, appare un altro mondo, una barca appena approdata dal mare e un uomo che si accinge a mettere i piedi sulla riva, mentre altri si trovano già su quella terra.

Le sensazioni che mi hanno trasmesso le due immagini contrapposte, sono state l’angoscia, la tristezza che genera la morte di un uomo in croce, in antitesi con la gioia dell’arrivo ad un approdo, dell’uomo che, dal mare, giunge a un porto sicuro. Per i credenti, una scontata successione: il sacrificio di dare la vita, per l’inizio di nuova vita.

Ammirando da lontano non si può fare a meno di notare che il Cristo sembra solo appoggiato alla croce, senza chiodi che lo trattengano, sangue, segni di sofferenza, sul corpo; la testa è reclinata quindi non si vede il viso. Nell’insieme, la croce e il corpo formano un perfetto triangolo equilatero sospeso nel buio. Guardando da vicino, l’imbarcazione sulla riva sembra uscire fuori dal mare, e dal quadro, come fosse tridimensionale

 

 

L’emozione che mi è salita davanti a questo quadro di Dalí è stata impetuosa e irrefrenabile: mi sono commossa di fronte a tanta bellezza, e anche dopo essere uscita, ed essermi allontanata, lungo la strada ancora ero pervasa da quello che avevo sentito, e facevo fatica a trattenere le lacrime.

Come mi è successo altre volte, mi sono sorpresa e meravigliata, per la capacità degli artisti di arrivare al cuore delle persone e di riuscire a portarci, con il loro talento, a fare un viaggio oltre il tempo, lo spazio, le differenze, in quelle emozioni, in quel sentire che appartengono universalmente a ciascuno di noi.

 

giugno 2024

 

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Patrizia Pazzaglia, Patty dopo un po’.

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