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Zanzibar

Dilemma: profilassi antimalarica si o no?

 

 

Prima di partire per i nostri viaggi a Zanzibar e in Kenya, siamo stati parecchio combattuti rispetto al fatto di fare o meno la profilassi antimalarica, soprattutto alla nostra bambina che all’epoca aveva 6 e 7 anni.

Cosi’ ci siamo documentati, leggendo articoli, documenti, forum, esperienze sul web e confrontandoci anche con italiani che vivono in Kenya.

(Le suddette informazioni sono basate su esperienze e opinioni personali e non vogliono sostituire il parere di un medico o delle autorità competenti)

La malaria: alcune informazioni

La malaria viene trasmessa dalla puntura  della zanzara anofele, che inietta nell’uomo il protozoo parassita plasmodium. L’infezione sta in incubazione minimo 7 giorni.

Due sono i metodi per  la prevenzione dall’infezione: la chemioprofilassi e la protezione nei confronti  della zanzara che la trasmette.

Riguardo la chemioprofilassi, l’Organizzazione mondiale della sanità consiglia, per l’Africa e per altre aree a rischio, tre medicinali (da usare in alternativa): meflochina (il nome commerciale del farmaco è Lariam), un’associazione di atovaquone e proguanil (il nome commerciale del farmaco è Malarone) oppure doziciclina (nome commerciale del farmaco Bassado) da utilizzare secondo la seguente posologia:

Meflochina (Lariam)

Da una settimana prima della partenza e si prosegue per 4 settimane al rientro (una compressa a settimana). La dose settimanale diminuisce in proporzione al peso corporeo. L’esperienza con Lariam nei bambini di età inferiore a 3 mesi o di peso inferiore a 5 kg è limitata.
Principali effetti collaterali: vertigini, diarrea, nausea, incubi, irritabilità, alterazioni dell’umore, cefalea, insonnia, ansia, convulsioni, psicosi.

Atovaquone-proguanil (Malarone)

Da un giorno prima della partenza a una settimana dopo il rientro (una compressa al giorno).
Il farmaco è controindicato nei bambini di peso inferiore agli 11 Kg, alle donne in gravidanza e durante l’allattamento.  Principali effetti collaterali: nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, esantema, convulsioni, aumento delle transaminasi

Doxiciclina (Bassado)

Da un giorno prima della partenza e per quattro settimane dopo il rientro (una compressa al giorno). Controindicato per bambini sotto i 12 anni. Principali effetti collaterali: disturbi gastrointestinali, candidiasi vaginale, fotosensibilità, reazioni allergiche, alterazioni dell’emocromo, alterazioni renali, epatite.

Tra tutti, il Malarone è in genere il meglio tollerato.

  

La nostra decisione

La decisione  che alla fine noi abbiamo preso, è stata di non fare la profilassi antimalarica.

Di seguito elenco i motivi di questa decisione:

-tutti i farmaci disponibili hanno effetti collaterali di vario grado, anche molto pesanti per gli adulti, figuriamoci per i bambini (anche il Malarone che risulta essere il meglio tollerato),

-non esiste nessuna profilassi farmacologica che offra una protezione completa ovvero, nessun farmaco ad oggi copre tutti i 5 diversi ceppi della malaria, quindi puo’ dare piena garanzia di non contrarla

-una adeguata protezione nei confronti delle punture di insetto rappresenta la miglior difesa contro l’infezione malarica e consente di ridurre del 90% il rischio di contrarla.

Queste  sono state le nostre valutazioni ma sottolineamo che sono strettamente personali, per cui, lungi da noi il voler dare consigli in merito a una questione così delicata: ognuno deve essere consapevole e responsabile, dopo essersi informato a dovere, delle sue scelte.

 

Metodi di protezione

Di seguito riporto gli accorgimenti usati, in seguito alla decisione di non fare la profilassi per prevenire le punture di zanzare (e la malaria):

repellente il piu’ potente possibile,  (per gli adulti io avevo trovato Jungle in farmacia, l’importante è che il prodotto  abbia non meno del 30% di deet o del 20% di icaridina; per i bambini maggiori di 2 anni il deet o l’icaridina non devono essere superiori al 10%-20%). I repellenti più potenti hanno una resistenza maggiore in termini di ore di protezione (anche fino ad 8), mentre quelli molto leggeri, per bambini piu’ piccoli, vanno dati con maggior frequenza (in base alle istruzioni) per una maggiore protezione. Per i bambini sopra i 2 anni puo’ essere usato Autan tropical (icaridina 20%).  I repellenti di origine naturale non possono ancora competere con i prodotti di sintesi in termini di efficacia e protezione. A pag. 9 del documento sotto riportato della SIMET si trova una utile tabella “Dosaggi dei tre principali repellenti registrati in Italia in rapporto all’età dell’utilizzatore (così come raccomandati dall’ISS)”

spray a base di permetrina sugli abiti (questa operazione si puo’ fare anche a casa prima di mettere gli abiti in valigia: il principio rimane anche un mese sugli abiti e resiste a piu’ lavaggi):  io avevo trovato su internet Insect Ecran vetement, ma il prodotto risulta simile al Biokill che si trova anche nei supermercati

cerotti di citronella sugli abiti dei bambini o in alternativa braccialetti antizanzare (anche se la protezione è scarsa)

abiti chiari e lunghi dal tramonto (si dice che la zanzara anofele non punga di giorno ma solo dall’alba al tramonto)

zanzariera sul letto, eventualmente trattata con repellenti, e controllo della presenza di zanzare in camera: nella stanza dove alloggiavamo in Kenya, usavano spruzzare, qualche ora prima di dormire, un insetticida e c’erano in dotazione anche racchette antizanzare

dispositivo ad ultrasuoni portatile a batteria (che si trova anche nei negozi di puericultura) , o bracciale ad ultrasuoni per bambini

elettroemanatore a pastiglie  (o simili) da mettere in camera o in alternativa,  zampirone

-assunzione di granuli di Ledum Palustre, un rimedio naturale omeopatico che agisce alterando l’odore della pelle rendendolo sgradevole per le zanzare (per la diluizione e la posologia rivolgersi al farmacista- noi abbiamo usato 7CH 5 granuli, una volta al dì), da un settimana prima di partire e per tutto il soggiorno. Essendo un prodotto omeopatico non ha effetti collaterali e puo’ essere somministrato anche ai bambini

-prima di ripartire dal Kenya per l’Italia, per mia tranquillità, ho acquistato in farmacia un kit composto da un malaria self test, da fare in caso di sospetta contrazione di malaria e un farmaco (Coartem) da prendere (dosi per grandi e bambini) in caso di esito positivo (non reperibile in Italia) dal costo di circa 20-30 euro (in caso di test positivo o di sospetto è opportuno recarsi subito in un ospedale)  – su Coartem di Novartis: http://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/scienza_e_tecnologia/farmaco-malaria-africa/farmaco-malaria-secondo/farmaco-malaria-secondo.html

 

Nel 2013 è stato redatto dalla Società Italiana di Medicina Tropicale (SIMET) il  documento “Indicazioni per La Profilassi Antimalarica nei viaggiatori in area endemica”, http://www.simetweb.eu/document/3678, che fornisce utili informazioni sull’argomento.

Di seguito si riporta anche un articolo relativo ad un’intervista al Dr.  Mauro Saio, del Nairobi Hospital, che attesta, tra le altre cose: «L’ unica vera profilassi che si deve applicare è fatta di accorgimenti semplici; – specifica il dottor Saio – coprirsi con maniche lunghe dopo il tramonto, dormire sotto una zanzariera e usare prodotti repellenti agli insetti da applicare sulla pelle».

http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2006/05/08SIA1026.PDF

(foto by Patrizia Pazzaglia)

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Incontro con i Masai a Zanzibar

 

 

Ci sono popoli che quando li incontri, senti che hanno conservato un’identità molto forte.

Che quando li incontri, è come se incontrassi qualcosa di antico, di sacro, di essenziale che risuona nella tua anima, che ti appartiene.

Perchè tutti noi discendiamo da uomini che vivevano nelle tribu’, con le loro tradizioni e i loro rituali e credo che nelle cellule ci portiamo il ricordo di quel vissuto.

Cosi’ è stato quando ho incontrato i Masai a Zanzibar, in Africa.

 

 

 

Un senso di profondo rispetto, ammirazione per la loro fierezza ed integrità, e una grande voglia di conoscerli o anche solo di stare con loro.

Nonostante siano un popolo di guerrieri, avevo la sensazione della necessità di avvicinarli con estrema delicatezza.

I Masai, dagli altopiani al confine tra Kenya e Tanzania, dove vivono di allevamento del bestiame, a volte si spostano per la stagione turistica, nelle località di mare di Zanzibar o Kenya, per vendere oggetti di artigianato o per lavorare come custodi nei resort, lavoro per cui sono molto apprezzati per le loro tradizioni guerriere.

 

 

Il loro abito tradizionale a sfondo rosso, lo shuka, la loro lancia appoggiata sulla spalla, i sandali fatti di gomma di pneumatico, i gioielli di loro manifattura indossati, poco andavano d’accordo con i telefonini di ultima generazione che possedevano. Ma, oltre che per comunicare, i telefonini li usavano per conservare i ricordi di quello che avevano di piu’ prezioso a casa loro: ho visto lunghi video delle loro mucche al pascolo, della savana sterminata e con i suoni della loro natura.

 

 

Ho ascoltato le loro storie, la cicatrice del morso di un leone durante un rito di iniziazione alla vita adulta, i racconti della loro vita famigliare e quotidiana, il viaggio per arrivare sulla costa. Ho guardato i loro sorrisi, che mostrano i denti mancanti,tolti, come da tradizione, da bambini, e i loro occhi intensi. Ho guardato mio marito giocare a pallone sulla spiaggia, invitato alla loro partita, durante la bassa marea, unico momento in cui li ho visti con i pantaloncini e senza i loro abiti tradizionali, e lui, unico bianco in campo.

 

 

E poi ho ammirato la loro voglia di conoscere, la loro capacità di imparare la nostra lingua, il desiderio di parlare con te o anche solo di camminare insieme, anime che si incontrano e che condividono un momento. Ti sentivi chiamare durante una passeggiata sulla spiaggia -nessuno dimentica il tuo nome- ed era uno di loro che ti raggiungeva, ti prendeva la mano per il loro saluto tradizionale, e ti accompagnava per un po’. Con discrezione.

 

 

La sera, una volta alla settimana facevano l’altro lavoro, quello di mostrare le loro danze tipiche ai turisti nei resort. Salti altissimi, con quelle gambe lunghe e magre, caratteristiche della loro etnia, e canti tradizionali con suoni gutturali. che trasmettono potenza e coraggio e ti proiettano in un’altra dimensione.

 

 

Chi era venuto per vendere oggetti, aveva un “negozio” sulla spiaggia, che era poi una capanna, dove ti invitava educatamente ad entrare. Se entravi da uno, dovevi entrare in tutti i negozi, per non fare un torto a nessuno. Solo entrare, se non compravi non c’era nessun problema – hakuna matata – ma dovevi entrare.

 

 

Alla fine della vacanza, abbiamo comprato qualcosa da tutti. Ogni oggetto che abbiamo portato a casa non è solo un oggetto, ma ha un nome, è il ricordo di una persona, di un Masai: Lazzaro, Kilimangiaro, Morellato, Paolino, Pedro, Geremia e tanti altri.

 

 

Termino questo racconto con un estratto dal libro “La mia Africa” di Karen Blixen, e nel mio cuore spero di avere ancora la possibilità di incontrare di nuovo questo popolo straordinario.

«Un guerriero Maasai è un’incredibile visione. Questi giovani uomini hanno, nel grado più alto, quella particolare forma di intelligenza che chiamiamo “chic”; audaci e selvaggiamente fantastici come sembrano, essi sono ancora risolutamente autentici e fedeli alla loro natura e ad un ideale immanente. Il loro stile non è un comportamento assunto, né un’imitazione di una perfezione estranea; è cresciuto interiormente, ed è un’espressione della razza e della loro storia e le loro lance ed i loro abiti sono parte del loro essere, così come lo sono le corna per il cervo».

 

 

 

foto di Patty

luglio 2011

libro consigliato sui Masai: “I miei Masai” di Giulio Gallo

per bambini “Mosè Masai” di Alice Robol

 

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Zanzibar, la prima volta in Africa

 


Ero già stata in Africa più volte, in Egitto e in Tunisia ma quando ho toccato la terra di Zanzibar.. ho sentito un’emozione fortissima, come se fosse stata la prima volta che ci mettevo piede, e quando l’ho lasciata soffrivo del famoso Mal d’Africa che non mi avrebbe mai piu’ abbandonato..

Zanzibar è l’isola dai mille colori del mare, dai paesaggi straordinari, creati dal fenomeno delle maree, è terra di pescatori e coltivatori di alghe, beach boys simpatici e volonterosi, che imparano perfettamente l’italiano, e perfino i proverbi, è l’isola che ti offre l’opportunità di entrare in contatto con il favoloso popolo dei Masai ..

 

Ecco la nostra esperienza nel dettaglio!

 

 

Zanzibar con bambini: la magia delle maree e degli incontri

Nostra figlia aveva 6 anni quando ci siamo sentiti pronti per tentare di realizzare un sogno che coltivavo da tempo: fare una vacanza nell’isola di Zanzibar, pubblicizzata nelle foto con mari e spiagge dai colori stupendi..

Ci siamo fatti fare un’offerta da un tour operator trovato per caso su internet, specializzato in Zanzibar e Kenya, https://www.easyafrica.it/ e grazie alla formula prenota prima, prenotando a marzo, abbiamo ricevuto un preventivo molto buono, con la bambina completamente gratuita, per 15 giorni, a metà luglio.

Luglio è la fine della stagione delle piogge a Zanzibar, per cui ci aspettavamo qualche giornata non proprio di sole, ma siamo stati lo stesso entusiasti della scelta, solo qualche mattinata ci siamo svegliati col cielo coperto, ma poi veniva il sole.

Per mesi ho sognato, leggendo recensioni del resort scelto, criticato da molti, e i racconti di viaggiatori, entusiasti dell’esperienza nel paese, attendendo con ansia la partenza.

Finalmente è arrivato il giorno fatidico. L’agenzia è riuscita anche a farci partire da Bologna, la nostra città. All’aeroporto di arrivo a Zanzibar, la situazione non è stata cosi’ disastrosa per noi come avevo letto, le pratiche sono state sbrigate velocemente e fuori ci aspettava il nostro transfer.

Appena siamo usciti dall’aeroporto, ho sentito una grande e inaspettata emozione assalirmi..ero arrivata in Africa!! E si è subito visto dalla strada che ci ha condotto al resort..mucche sui lati delle vie, i matatu, tipici autobus locali, strapieni di africani, una vegetazione pazzesca.. Ero commossa e non capivo ancora bene il perchè.

All’arrivo al nostro resort, il Palumbo reef ad Uroa, sulla costa est, ci siamo  subito resi conto che ci piaceva molto: era una struttura con costruzioni tipiche con i tetti di paglia, ristorante rialzato vista piscina, e sul fondo si vedevano i colori dalle tonalità dal verde al blu’ del mare..incantevole.

 

 

In aggiunta, abbiamo ricevuto una splendida accoglienza, ci è stato fatto un upgrade della camera, ci hanno assegnano una suite in prima fila vista mare, con terrazzo tutto di legno, camera con due stanze, una per noi e una con il letto singolo per nostra figlia: non potevamo capitare meglio.

 

 

Giada è stata contenta del suo letto con la zanzariera, della piscina con la vista sul mare, delle amache sulla spiaggia, e le hanno detto che se la notte si lasciavano delle banane sul terrazzo, arrivavano le scimmie a mangiarsele (e cosi’ è stato!).

 

 

I guardiani del resort erano guerrieri Masai, bellissimi, indossavano sempre i loro abiti tradizionali.

Nei giorni successivi abbiamo avuto l’opportunità di conoscerli, e ci hanno raccontato di come vivono nella loro terra, in Tanzania, e dei motivi per cui si spostano a Zanzibar.. c’era chi, appunto, faceva il guardiano, chi aveva un “negozio” sulla spiaggia, chi faceva i balli tipici Masai agli spettacoli serali dei resort. Quelli che avevano il negozio, invitavano educatamente a visitarlo, in un modo che non era possibile rifiutare, e se si entrava in  uno, si dovevano poi visitare tutti, per non fare un torto, anche se non si comprava nulla..

I loro prodotti artigianali erano meravigliosi, bracciali, collane, oggetti in cuoio, poi vendevano anche le spezie…nostra figlia avrebbe voluto comprare tutto, anche affascinata da questo mondo, cosi’ diverso dal nostro..Ne ho parlato qui:

 

Incontro con i Masai a Zanzibar

 

Con il passare dei giorni, dopo che ci hanno conosciuto, quando ci vedevano sulla spiaggia, ci chiamavano per nome, per chiacchierare un pò, senza secondi fini: esercitavano un’ attrazione particolare, per cui veniva la voglia di condividere del tempo con loro e conoscere i loro usi e costumi o, semplicemente, camminarci accanto.

Un giorno hanno invitato mio marito a fare una partita a pallone con loro sulla spiaggia, con una palla costruita con le alghe, lui, unico bianco in mezzo a loro, e per l’occasione avevano tolto i loro abiti tradizionali.

Oltre alla bellezza dei colori del mare, la cosa stupenda di Zanzibar, e di Uroa in particolare, sono i sand banks, che si formano in alcuni punti col fenomeno delle maree, particolarmente evidente sulla nostra spiaggia.

Ma anche tutto il resto affascina in questo posto..Le donne africane che raccolgono le alghe in pesanti sacchi trascinati a riva con fatica, coltivate dalla popolazione in quel tratto di mare, il villaggio di pescatori attiguo al resort, dove i bambini giocano a pallone o vanno in bicicletta sulla spiaggia, le caprette allevate vicino alle case sulla spiaggia, la vita quotidiana degli abitanti..

 

 

I bambini, sulla spiaggia, vengono incontro ai turisti e chiedono matite, caramelle, soldi, che sarebbe sempre meglio non dare, perchè non si educhino a queste abitudini.. Un giorno una bambina, con un abitino rosa, si è aggregata a noi per una passeggiata sulla spiaggia, durante la bassa marea, ha preso per mano Giada, hanno camminato insieme, si sono fatte compagnia, e senza parlarsi hanno trovato un linguaggio comune nel gioco, come i bambini sanno fare.

 

 

Un altro giorno, assieme ad un masai, siamo andati a visitare il villaggio, con discrezione, camminando tra le case. Siamo arrivati alla scuola, dove il maestro ci ha accolto, mentre stava facendo lezione e abbiamo lasciato a lui indumenti che erano stati di Giada, affinchè li distribuisse a chi ne avesse bisogno.

I  pescatori sono a disposizione per portare i turisti a fare un giro in mare, con le loro barche artigianali fatte di legno, fermandosi per farti fare il bagno e vedere le stelle marine. Non potrò mai dimenticare il nostro capitano, che, mentre ci riportava a riva, ci ha chiesto se avevamo pantaloncini per lui..Purtroppo no, non ne avevamo, però qualche maglietta da regalare l’avevamo portata e, chiedendo, abbiamo scoperto che lui aveva anche dei bambini.. Siamo tornati in resort a prendere quello che ancora ci era rimasto e glielo abbiamo regalato. E’ andato dagli amici a mostrare quello che gli avevamo dato, e dopo un po’, mentre stavamo facendo altro, sentiamo chiamarci: era tornato, e indossando la maglietta che gli avevamo regalato, con un sorriso enorme, voleva che gli facessimo una foto ricordo..per noi!

 

Poi ci sono i beach boys. Ero preparata anche a loro, sapevo che all’inizio ti assalgono, cercano di venderti qualcosa, ti chiamano, appena esci dal villaggio ti si appiccicano addosso.. ma a parte i primi giorni in cui arrivi, poi risultano simpatici, qualcuno è un po’ furbo, ma si possono conoscere delle persone simpatiche, che si guadagnano da vivere come possono, che parlano bene l’ italiano e conoscono anche proverbi e modi di dire, o le nostre canzoni famose e che si presentano con nomi che fanno veramente ridere: Leonardo da Vinci, Zambrotta, Pino la Lavatrice, Antonio Banderas, Bruno Vespa, Bossi… Dopo qualche giorno, non sei più “nuovo” e quindi ti lasciano vivere, e puoi guardare il loro assalto ai nuovi ospiti arrivati.

Gli incontri sulla spiaggia con gli abitanti del luogo e i masai, invitavano alla socialità anche con gli altri ospiti del villaggio, e in breve tempo, la scala che dal resort portava alla spiaggia, era diventata l’accesso ad un mondo diverso, ed era come scendere in una piazza, per incontrare persone, parlare, contrattare, condividere esperienze.

 

 

Con i beach boys abbiamo fatto alcune escursioni, ma neanche poi tante, perchè amavano stare lì, nel contesto del nostro villaggio, in compagnia delle persone conosciute e degli africani. Comunque, quelle che generalmente vengono proposte sono:

-il safari blù

-la visita a Stone Town

– Jozani dove ci sono le scimmie rosse

-il nord, Nugwi e Kendwa

-l’escursione per vedere i delfini a Kizimkazi

-eventualmente a richiesta escursioni alle spiagge di Paje e Jambiani

Noi abbiamo fatto il safari blù e siamo stati 2 volte al Nord.

 

 

Per il safari blù, avevo cercato su Tripadvisor recensioni e a colpo sicuro, all’arrivo, avevo chiesto di un beach boys di cui parlavano per la sua simpatia ed affidabilità. L’escursione è stata molto bella, ma devo dire che tornassi indietro mi affiderei a qualcuno che vende escursioni ufficiali: ci siamo infatti imbarcati non da un molo, ma da un punto in mezzo alle mangrovie, la barca era piena di persone, sembravano dei migranti, senza giubbotto di salvataggio (per fortuna noi ne avevamo una per Giada..)..fortunatamente al ritorno avevamo una barca diversa. Dopo qualche decina di minuti di navigazione, siamo arrivati alla famosa isola che non c’è, una lingua di sabbia che appare e scompare in base alla marea..E’ bellissimo trovarsi su una spiaggia, completamente in mezzo al mare, fare il bagno, e dopo un po’ vedere che sparisce..Nel frattempo i beach boys avevano preparato un gazebo per ripararci dal sole e delle bevande per rinfrescarci. Dopo questa tappa, mentre l’acqua cominciava ad arrivare e la spiaggia diventava sempre piu’ corta, siamo ripartiti e ci siamo fermati in un punto nel mare per fare snorkeling. Abbiamo proseguito poi per l’isola di Kwale, dove ci siamo fermati per il pranzo preparato dai beach boys, e siamo andati a vedere un grande baobab caduto, dove Giada ha potuto anche arrampicarcisi sopra. Siamo ritornati col vento in poppa, navigare è una meraviglia in mezzo a quello splendido mare.

 

 

Al nord siamo voluti andare per vedere le spiagge che non risentono del fenomeno delle maree. Prima siamo passati dal paese di Nungwi e ci hanno portato anche a vedere l’ospedale delle tartarughe. Poi siamo andati a Kendwa, ed era ormai il tramonto.. meraviglioso, perchè in quella zona è proprio sul mare, l’atmosfera è bellissima e il bagno si puo’ fare sempre.

 

 

Ma se devo essere sincera, la peculiarità di Zanzibar sono proprio le maree e i magnifici paesaggi che creano: essere al nord è come essere in qualsiasi altro punto di mare meraviglioso nel mondo, essere in zona maree è sentire di stare proprio a Zanzibar.

 

 

Siamo tornati ancora al nord un altro pomeriggio, con un taxi, sempre tramite l’organizzazione di un beach boys, il fantastico Leonardo da Vinci, che stava studiando da guida turistica, ed è una persona posata e tranquilla, per godere del bel mare, ma restando dell’idea che dove eravamo noi, Uroa, era veramente un paradiso in tutti i sensi.. Certo, da una parte del resort c’erano tantissime alghe, ma dall’altra il mare era meraviglioso con le sue lingue di sabbia, avevamo vicino un villaggio zanzibarino, per cui potevamo essere in contatto con la popolazione, e in quel tratto era presente soltanto un altro piccolo lodge e un tranquillissimo resort..Oltre a questo, c’era una specie di palafitta sulla spiaggia dove una sera siamo andati, con altri ospiti del resort e i masai, camminando per la spiaggia, sotto un cielo stellato meraviglioso.. Era una posto dove facevano musica, si ballava e si beveva tutti insieme, uno spettacolo unico ed indimenticabile. Un’altra sera, anzichè cenare nel resort, abbiamo organizzato con altri ospiti, una cena a base di aragoste procurate e cucinate dai beach boys, in una casa attigua disabitata sulla spiaggia, altra esperienza veramente esilarante.

Alla fine della vacanza abbiamo comprato un sacco di cose da portarci a casa, spezie, collane, ciabatte, quadri colorati e tanti splendidi oggetti, nei vari negozi dei nostri amici masai.

Che dire… Zanzibar è un posto meraviglioso, abbiamo fatto incontri bellissimi, ed è impossibile non tornare con il Mal d’Africa e il desiderio di tornare di nuovo in contatto con questa terra magica..

 

 

 

(luglio 2011)

 

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Patrizia Pazzaglia, Patty dopo un po’.

Sono versatile, camaleontica e un po’ nevrotica. 

Una come tante.  Nessuna grande passione, ma so appassionarmi.

Prendo tutto molto sul serio e in tutto quello che faccio, se mi interessa, ci metto impegno e dedizione.

Scarsamente tecnologica, diversamente social.

Mi piace condividere, mi piace ascoltare, esprimermi, se è il caso, e stupirmi.

Mi piace vivere intensamente e andare in profondità delle cose che mi interessano e lasciare andare ciò che non mi serve (anche se con difficoltà).

Mi piace lasciarmi contagiare dalla bellezza e dalle emozioni e..naturalmente viaggiare, fuori e dentro di me, col corpo e con la mente (ma anche con lo spirito).

Perchè la vita è un gran bel viaggio.