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Cina: Pingyao, la Cina della tradizione e delle lanterne rosse
La città antica di Pingyao, racchiusa, coi suoi 2 chilometri quadrati all’interno di mura medievali, le meglio preservate della Cina, ha ancora il suo aspetto originale risalente alle dinastie Ming e Qing (anche se le sue origini risalgono ad un’epoca ben precedente, il IX sec. A.c.).
Pingyao per noi è una tappa di avvicinamento a Pechino, che ho voluto inserire, anche solo per mezza giornata e una notte, incuriosita dalle recensioni che avevo letto, spesso controverse: c’è a chi è piaciuta molto, e chi la considera molto finta e turistica..
A me ha subito attirato, essendo anche stata inserita, nel 1997, tra i patrimoni dell’umanità UNESCO, come esempio di città meglio conservata dell’antica Cina.
E devo dire che, alla fine, l’esperienza della visita, e del soggiorno, a Pingyao è stata davvero bella ed emozionante: quando si varca la soglia delle mura è come fare un salto nel tempo, la modernità è alle spalle, ci si trova in un luogo dove il tempo si è fermato, nessun rumore di auto, solo mezzi elettrici e biciclette, si cammina tra vicoletti deserti, o per strade colme di vetrine colorate, con prodotti spesso sconosciuti e curiosi, animate da personaggi stravaganti, gente in costume e turisti cinesi eccitati, tra ritratti di Mao ed edifici che rispecchiano perfettamente l’immaginario della Cina di un tempo
Venivamo da Xi’an, visitata dopo Chendgu, ed eravamo di ritorno, al termine del nostro viaggio, a Pechino
La citta di Pingyao
Pingyao si trova a 700 km da Pechino e 540 Km da Xi’an. Ci arriviamo in treno da Xi’an, e vediamo prima di arrivare, gli enormi grattacieli tutti uguali, tantissimi, che immagino siano caratteristici della prima periferia, perchè li abbiamo visti ovunque, dal finestrino, arrivando nei pressi di ogni città cinese
La sua struttura fortificata, con la cinta muraria del XI secolo e le 6 porte, la fanno paragonare, come forma, ad una tartaruga. Gli edifici storici risalgono a 600 anni fa, e le abitazioni tradizionali sono racchiuse attorno ad un cortile centrale, con i caratteristici tetti spioventi e le tegole grigie. La maggior parte dei negozi, che si trovano sulle belle e lucide lastricate strade pedonali, sono all’interno di palazzi storici, sono decorati e hanno appese fuori le caratteristiche lanterne rosse
Lo stile architettonico della città antica è quindi rimasto quello originale della dinastia Ming, sebbene la città sia stata restaurata, divenendo un museo a cielo aperto, e siano ancora in corso dei restauri, che, in alcuni punti, fanno apparire la cittadina un po’ disordinata, e le fanno perdere un po’ del suo fascino dei tempi che furono.
Anticamente Pingyao si sviluppo’ come importante centro finanziario: qui nacque la prima banca di cambio cinese.
La città è prevalentemente visitata da un turismo interno, quindi per le strade vediamo quasi esclusivamente cinesi: noi sembriamo come degli infiltrati, tanto che in questa foto si può vedere con che curiosità ci guardano i locali!!
Sono tantissime anche qui, come a Xi’an, le donne cinesi che sfoggiano abiti tradizionali, affittati in uno dei tanti negozi del centro, dove si sono fatte anche truccare e pettinare, e che contribuiscono a creare l’atmosfera dei vecchi tempi
Di sera le tantissime lanterne rosse e i monumenti illuminati donano un fascino unico alla cittadina
Prima di partire avevamo visto il film “Lanterne rosse”, che ci aveva molto colpito: uno spaccato di vita, di neanche tanto tempo fa, il 1920, ambientato in una residenza poco distante dalla città (visitabile, con più giorni: la residenza della famiglia Qiao): gli edifici, a Pingyao, la ricordano tantissimo, sembra di essere dentro al film, richiamano la sua architettura, con i caratteristici cortili e arredamento.
Le lanterne rosse, nel film, sono il modo in cui viene comunicata la scelta del patriarca relativamente a con quale moglie trascorrerà la notte: quelle che verranno accese, davanti alla casa della prescelta, decreteranno la sua decisione.
Oggigiorno in Cina si vedono un po’ ovunque, le lanterne Rosse, e rappresentano gioia e buona fortuna
Per godere a pieno della visita a Pingyao il suggerimento è di alloggiare in un caratteristico hotel con courtyard, con letti kang (di mattoni) e tende rosse, per immergersi completamente nella cultura e nei tempi passati.
Alloggio a Pingyao
Solitamente Pingyao viene inserita in un tour classico che comprende Datong e Xi an, che è stato la prima bozza del mio itinerario. Ma poi, quando ho deciso di cambiarlo, inserendo Chendgu, non sono riuscita a rinunciare a Pingyao: mi aveva incuriosito troppo, e forse anche già conquistato.
Comincio quindi a guardare gli alloggi su Trip.com: volevo sicuramente stare all’interno della città antica.
Mi sono apparsi una miriade di caratteristici hotel con courtyard, che scegliere diventava davvero difficile, anche se le tante recensioni con foto di Trip aiutano.. ma gli hotel proposti sono davvero tanti! Essendo Pingyao la nostra ultima tappa prima di tornare a Pechino, non ho prenotato subito perchè, se qualcosa fosse andato storto, l’avrei potuta saltare.
Ma tutto è andato come doveva andare, e il giorno prima, da Xi’an, finalmente scelgo e prenoto l’hotel Juxiange Inn, che mi pare abbia camere caratteristiche.
Costa la bellezza di ..22 euro a camera 😳, incluso anche il transfer dalla stazione (dista 10 km): decidiamo che per quella cifra ci possiamo permettere 2 camere, una per noi e una per nostra figlia, e godere di tutta l’atmosfera!
Col nostro numero cinese mando un messaggio all’hotel: dopo 2 minuti rispondono dicendo che verranno alla stazione, e ci mandano la foto di chi ci verrà a prendere 😂
Al nostro arrivo, alle 15.26, il proprietario dell’hotel è già ad attenderci, ha un auto elettrica comodissima e in pochi minuti arriviamo alle mura cittadine (col bus avremmo impiegato 45 minuti), attraversando zone che mi ricordano l’India, o alcune aree del nord Africa
Alle mura ci attende una simpatica e sorridente signora, che ci indica una macchinina elettrica su cui salire: all’interno non circolano auto, e a bordo del mezzo entriamo nella città antica dalla porta nord
Attraversiamo gran parte della città, e vediamo già le belle strade con case basse caratteristiche e le lanterne rosse
Arriviamo all’hotel, e se entrare a Pingyao sembra di mettere piede in un altro mondo, entrando in questo posto ancor di più si entra nell’atmosfera della città delle lanterne rosse: all’ingresso il ritratto di Mao anticipa una piccola reception, prima di passare una porta che conduce nel cortile
Sbrigate le formalità varchiamo la soglia del courtyard
Il cortile è piccolo e raccolto ma è splendido, ornato di drappeggi rossi e di lanterne. C’è un pò di disordine in giro, cartoni, pupazzi per bambini, stendini.. sicuramente potrebbe essere più curato ma questo dà un aspetto di autenticità
Le camere sono disposte su due piani; ognuna ha una stuoia davanti alla porta e dal primo piano si vede il cortile
Le nostre camere sono una al pian terreno e l’altra proprio sopra.
Dal corridoio del primo piano la vista dei tetti, con le lanterne, e dell’intero cortile, è davvero incantevole: siamo catapultati in un altro mondo!!
Lo stesso quando sposto la stuoia che è davanti alla porta della camera
La stanza è proprio come dalle foto: pavimento scuro, mobilia di legno antico
una cabina in vetro dove c’è il bagno
un divanetto con tappezzeria rossa a fantasia, e il tavolinetto per il te
.. e un letto chiuso in una struttura in legno con tende rosse😍: una vera meraviglia, come essere in una delle stanze della casa della famiglia Qiao!
Non è un alloggio lussuoso, ma tutto è molto poetico!
Quando torniamo, la sera, dopo il nostro giro, il posto è ancora più affascinante: l’ingresso illuminato
il cortile
la camera
Ci guardiamo anche un po’ di un film cinese
Senza dubbio, soggiornare in un courtyard hotel a Pingyao è parte imperdibile dell’esperienza della visita alla cittadina!!!
In giro per Pingyao
Abbiamo a disposizione il pomeriggio del giorno di arrivo per visitare la città. Non è facile orientarsi: per fortuna alla reception ci danno una mappa, e un consiglio per la cena. Arriviamo in poco tempo alle mura, porta nord, e facciamo il biglietto (attenzione: la biglietteria è appena fuori dalle mura), che non abbiamo capito subito, comprende l’ingresso oltre che alle mura, a tutti gli edifici storici della città.
Saliamo sulle mura, il tempo è grigio, e finalmente non è caldo come a Xi’an e Chendgu, anzi.. fa freddino!
Dopo aver camminato un pò e osservato tetti e cortili dall’alto, scendiamo verso il centro
Le strade sono animate e piene di negozi per turisti, ma i venditori sono meno insistenti che negli altri luoghi: l’atmosfera è sorprendentemente più tranquilla rispetto alle altre città visitate
Vediamo templi, negozi dentro edifici storici coloratissimi, vetrine di trucco e parrucco, e bagni pubblici. Vediamo anche tante damigiane di aceto balsamico: scopriamo che è un prodotto tipico del luogo
Non abbiamo tanto tempo per visitare altri monumenti, ma riusciamo ad entrare al Rishengchang Exchange Museum, la prima banca, non solo della Cina, ma del mondo, nata qui, nel 1823 sotto la dinastia Qing, ovvero un luogo dove in cambio di un documento, veniva attestata la proprietà di denaro, che non doveva cosi’ essere trasportato durante i viaggi. L’edificio è stato completamente restaurato nel 1995 e comprende 3 tipici cortili cinesi con varie stanze ed uffici
Entriamo anche in una delle tente case storiche. Le visite sono davvero interessanti perchè mostrano come erano fatte le dimore antiche
All’interno sono un labirinto di corridoi e cortili, tutti davvero incantevoli. E mi viene di nuovo in mente la casa della famiglia Qiao, perchè questi spazi proprio le assomigliano.
Adoro in particolare quelle aperture che guardano su un’altra apertura, e poi su un’altra ancora, in una doppia e tripla sequenza. Peccato non avere più tempo!
Vediamo anche il tempio di Confucio, bellissimo all’esterno, ma non abbiamo tempo per entrarci
Pian piano scende la sera, e le lanterne rosse cominciano ad accedendersi in città, conferendo al luogo ancora più fascino
Passeggiamo sulla South avenue, una delle vie principali e passa una scolaresca di ragazzini cinesi, che ci guardano schiamazzando, alcuni ci scattano foto e ci salutano.. ci addentriamo anche in alcuni vicoletti, a caso, perchè sono un labirinto di vie, e osserviamo con interesse anche i luoghi meno visitati
Comincia a piovere a Pingyao, le strade sono bagnate e lucide, le vetrine dei negozi e dei ristoranti, e i monumenti, sono già tutti illuminati, e le lanterne rosse si agitano col vento
Chi ha attività cerca di richiamare i clienti, e c’è un gran viavai di donne che indossano abiti tradizionali, per calarsi completamente nell’atmosfera della città e farsi fotografare, come a Xi’an: sono bellissime
Io non ho alcun abito tradizionale ma evidentemente la mia fisionomia occidentale e soprattutto i miei capelli biondi e gli occhi chiari attirano l’attenzione, e invogliano a chiedere di fare una foto con me: in cambio ricevo volti sorridenti e contenti al mio accettare
Chissà in quante foto appariremo, inconsapevoli: c’è un concorso fotografico in città, e ci accorgiamo che i fotografi, cinesi, ci riprendono, mentre percorriamo eccitati e incuriositi le strade e i monumenti di Pingyao!
Poi smette di piovere, e ci godiamo ancora un po’ la bellezza della cittadina illuminata, prima di andare a cena in un ristorante consigliato dall’hotel, dove avremo anche uno sconto del 20%
Il locale all’interno è bellissimo e raffinato, il menù è anche in inglese, e si sceglie con un tablet, il cibo ottimo. Forse il miglior servizio e la migliore organizzazione trovata nel nostro viaggio in Cina
Torniamo all’hotel soddisfatti e contenti, e mi appresto ad andare a dormire nella mia alcova con le tende rosse, con la fortuna di essere l’unica “signora”😁 (dal film Lanterne rosse)
L’indomani mi alzo prima degli altri per gustarmi l’atmosfera del courtyard
Poi facciamo colazione in camera: ci prepariamo, sul tavolino apposito di legno sul divanetto, caffè, e te nella teiera tradizionale di ceramica a fiori che abbiamo nella camera
Viene l’ora di lasciare il nostro alloggio e ci presentiamo in reception. Ci indicano di uscire, non ci sono macchinine elettriche che aspettano, ma un motorino e un mezzo a 3 posti.. sono quelli che ci porteranno in stazione😁. Nostra figlia viene caricata sul motorino, noi saliamo sul mezzo a 3 posti con le valigia…
..e via per le strade di Pingyao🤣 fino al taxi, che attende fuori dalle mura, per portarci alla stazione. Davvero un finale degno del soggiorno, in questo luogo che ha meritato la nostra sosta!!
Resta da prendere il pranzo da consumare in treno.. in città non abbiamo trovato market forniti. Ma davanti alla stazione ci sono dei camioncini di street food, e hanno anche il menu con le foto..
Ordiniamo il nostro pasto che ci costa davvero pochi yuan, delle specie di crepe ripiene di carne, uova o verdure, e vediamo la signora prepararlo con impegno nella sua cucina con vista
.. e via che prendiamo il nostro cibo, e partiamo per la prossima tappa: gli ultimi 2 giorni a Pechino!
Quando ripenso a Pingyao.. ho davvero una stretta al cuore.
Diversamente da mia figlia, che dice che l’avrebbe anche saltata, e che è rimasta infastidita dal disordine dei lavori di ristrutturazione, io ne sono rimasta affascinata. E’ una città in cui mi sono sentita come dentro al set di un film, comparsa che si lascia trasportare dall’atmosfera, e ambientato in un passato che ti piomba addosso, così reale da aver il pregio di tenerti ancorato al presente, a quello che, con gli occhi aperti e curiosi, stai vedendo e stai vivendo
settembre 2024
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Nonostante tutto, nonostante le impossibili pianificazioni, voli bassi e sogni messi da parte; nonostante non sia stato un anno di viaggi lontani, o lunghi, il 2024, -tutt’altro,- per varie situazioni che si protraggono da tempo, – ogni mese ho avuto una boccata d’aria, -talvolta con occasioni di lavoro, talvolta come sogni che dormivan nel cassetto,- vissuta intensamente e con immensa gratitudine
Non sarà stato gran che, rispetto a tanti viaggi e viaggiatori, ma io mi sento grata: sento di aver goduto di ogni istante, e assaporato la grande bellezza che il mondo, vicino o lontano, può offrirci.
“Bagno per signore”: intime confessioni e scomode, ma sane, verità
Oggi racconto di un viaggio in cui all’inizio ti chiedono di slacciare le cinture di sicurezza..
È un viaggio nelle storie di alcune donne, personaggi di una produzione del Teatro delle Temperie, il teatro del mio paese, dei cui sempre toccanti spettacoli, ho spesso scritto: 5 scene, con 2 interpreti, ambientate nel bagno, luogo che è metafora dell’intimità, e dei segreti più reconditi che si nascondono nell’anima. Un posto dove la verità, quando è il tempo, come i bisogni fisiologici, non può fare a meno di uscire, non lasciando più spazio alle bugie e alle maschere: davanti allo specchio del bagno, o comunque all’interno di quelle quattro pareti, ci si ritrova di fronte a se stessi, e alla propria vita.
I personaggi raccontano di tradimenti: quelli delle madri, che tramandano alle figlie un ruolo tradizionale, e non accettano quando quest’ultime non si riconoscono più in quel ruolo e in quella vita, e della ferita di abbandono che causano loro. Quelli delle figlie, -necessari per liberarsi,- quando queste si accorgono che non riescono, o non vogliono più aderire a quei ruoli assunti per eredità, per educazione, o per cultura, che spesso hanno fatto loro credere di volere cose che non erano quelle che realmente volevano, con tutta la sofferenza e lo smarrimento che ne consegue. Raccontano della necessità di trovare una nuova identità, di “ripartorirsi”, e del bisogno di cominciare ad ascoltarsi, cosa che nessuno, forse, ha mai insegnato loro a fare.
Raccontano di conflitti interni vissuti, di quando “scende la catena”, e non ce n’è più per nessuno (o, come dicono, “scoppia la bolla nel cervello”), con la voglia di rompere con quello a cui non si appartiene più. Una presa di coscienza di ciò che sembrava vero,- una vita famigliare, un’idea, un’aspettativa, un sentimento,- qualcosa che riempiva la vita, che poi si rivela idealizzato, senza consistenza, o che si sgonfia, o muta, lasciando la sensazione di delusione, di essere in trappola, con l’impeto inarrestabile di voler buttare tutta la propria vita all’aria, o nel cesso appunto, perchè si intravede una possibilità di liberarsi, e si riesce finalmente ad immaginare una vita diversa.
E, anche, di quando, non volendo riconoscerli, i conflitti, si manifestano come una forza dentro che esplode in incontrollabili attacchi di panico, impossibili da gestire. Di quando, per sopravvivere, si arriva ad anestetizzare i propri sentimenti; o di quando si resta bloccati da qualcuno che fa leva sulle paure, che paralizzano, e rendono incapaci di accorgersi che non c’è nulla di vero in quello che vogliono fare credere.
Toccano anche l’assenza di solidarietà femminile, e l’emergere talvolta di una certa perfidia, che sconfina nell’esercizio di quel potere, che si sente di non avere sulla propria vita, sulla vita di un altro simile, con l’arma della paura.
E, soprattutto, raccontano del vuoto: della solitudine profonda che questo genera quando non ci si riconosce più, non si sente più un‘appartenenza, non ci si sente capiti, o quando si vede il mondo attraverso un vetro, e lo si percepisce, -e ci si percepisce,- irraggiungibili, con la sensazione che nessuno si accorga che c’è qualcuno dall’altra parte dello schermo; di quando un’aspettativa nutrita piomba nella realtà, e fa cadere tutte le illusioni, come un bozzolo che doveva contenere un sogno, a lungo custodito e curato, che rivela il niente che c’è all’interno. E anche di quando accade che il vuoto è nella pancia, fisicamente, in un utero che non si può riempire, e nella credenza comune che la vita, e la persona, perda di valore.
E poi c’è il vuoto che lascia la morte di una madre, la mancanza di qualcuno sopra di noi, che veglia, qualcuno nei cui pensieri sappiamo essere sempre presenti, che è dentro di noi, nel bene e nel male. Che dobbiamo arrivare a tradire, e talvolta lasciare andare, anche prima della sua morte fisica, lei o la sua eredità, per essere libere. E per le più “fortunate”, si può intravedere anche la possibilità del recupero di una parte saggia, che insegna ad essere resilienti, ad essere in grado di affrontare la vita al meglio, nonostante le intemperie da attraversare.
In definitiva, lo spettacolo ci mette davanti ad esseri umani che si trovano a guardare nella loro vita cio’ che esiste davvero, o non esiste più, o non è mai esistito. Esseri umani che si interrogano e che forse hanno cominciato da poco a vedersi e a darsi le loro risposte, con una buona dose di coraggio. A donne che apparentemente sembrano fuori di sè, ma questo essere fuori di sé è cosa buona, poichè è frutto dell’aver guardato finalmente dentro di sé. Persone che comprendono che, a volte, fare la cosa sbagliata, o che il mondo ritiene tale, può essere la cosa giusta, per loro stesse. Temi densi che possono far risuonare dentro ad ogni spettatore qualcosa che lo riguarda.
“Bagno per signore” è l’ennesimo spettacolo di Andrea Lupo che fa il suo dovere: da dà pensare.
Una delle mie prime riflessioni, a caldo, alla fine, è stata che viene difficile credere che il testo sia stato scritto da un uomo, per le corde che tocca, insinuandosi nei meandri dell’animo e della storia femminile. È magistralmente interpretato, e con grande coinvolgimento, da 2 attrici che si rivelano bravissime e capaci di far emozionare, Silvia Frasson e Mara Di Maio.
E’ uno spettacolo toccante, che, se si accetta di slacciare le cinture di sicurezza, come richiesto, puo’ far viaggiare in territori impervi e scottanti, ma che contengono importanti verità.
Perché, volenti o nolenti, è la verità, che rende liberi, non le illusioni.
dicembre 2024
foto: Teatro delle Temperie
https://www.teatrodelletemperie.com/events/bagno-per-signore/
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L’esercito di terracotta di Xi’an, in Cina: davvero l’ottava meraviglia del mondo!
All’ingresso del museo, quando nella prima fossa mi appaiono tutti in fila i numerosi guerrieri dell’Esercito di terracotta di Xi’an, mi prende un sobbalzo: il colpo d’occhio di trovarsi davanti all’armata, vecchia di 2000 anni, è davvero emozionante!
Sono passati solo 45 anni da quando venne scoperta, del tutto casualmente, questa meraviglia, unica nel suo genere: migliaia di statue, costruite per accompagnare il primo imperatore della Cina nel suo viaggio nell’aldilà!
Entriamo alle 13 di una giornata dopo la metà di settembre, e, fortunatamente, c’è gente, ma non tanta da non poter arrivare velocemente in prima fila, e godersi bene lo spettacolo dei guerrieri di fronte; anche a fianco la coda scorre bene, e prima di uscire, alla chiusura, riusciamo a tornare nell’hangar, per un ultimo sguardo, e per imprimere nella memoria questa grande bellezza
L’esercito di terracotta: storia
L’Emperor Qinshihuang’s Mausoleum Site Museum, a una quarantina di chilometri dall’antica capitale della Cina, Xi’an, è il luogo dove si trova in esposizione l’Esercito di terracotta, che comprende circa 8000 statue, tra soldati, cavalli, e carri, fatti costruire a custodia della sua tomba, dal primo imperatore Qin, l’artefice dell’unificazione della Cina -da cui viene il nome-, e della Grande Muraglia, vissuto nel terzo secolo a.c.
Qin pare fosse ossessionato dal pensiero dell’immortalità, e per questo si prodigò, durante la sua esistenza, nella ricerca dell’elisir di lunga vita; ma quando dovette arrendersi all’idea di dover anch’egli morire, decise di realizzare un luogo degno del suo rango nell’aldilà, attraverso la costruzione di un palazzo sotterraneo, dove potessero essere conservate le sue spoglie, assieme a tutto quello di cui pensava di aver bisogno. La camera funeraria avrebbe dovuto essere inviolabile e segreta, e a sua protezione il sovrano pensò di far costruire un’armata di guerrieri a grandezza naturale
La realizzazione avvenne con l’impiego di un gran numero di artigiani che, affinchè venisse mantenuto il segreto dell’esistenza del monumento, furono poi sepolti vivi alla morte dell’imperatore (da ritrovamenti in fosse vicino al sepolcro). Le fosse, la camera funeraria e l’esercito, vennero poi ricoperti da tonnellate di terra, e restarono segreti fino al 29 marzo 1974, quando l’esercito venne trovato.
In effetti, alla fine si può dire che Qin sia riuscito nel suo intento di conquistarsi l’immortalità, divenendo anzi molto più conosciuto per la sua armata di terracotta, -e per il mistero del suo Mausoleo, che ancora oggi è sepolto sotto la terra,- che per le sue imprese in vita: migliaia di visitatori si recano, ogni giorno, in visita al museo per ammirare il suo Esercito. Il suo nome rimane legato, nella storia, alla più grande scoperta archeologica del ventesimo secolo
Il ritrovamento, il 29 marzo 1974
Io avrei voluto vedere la faccia di quel contadino,Yang, quando, nel marzo del 1974, scavando nel suo terreno per costruire un pozzo, si trovò nelle mani la testa di un guerriero, e insieme ai contadini del villaggio, dopo varie indecisioni, e in seguito al rinvenimento anche di altri reperti, decise di avvisare le autorità governative: dopo scavi ed analisi, gli archeologi si resero conto di trovarsi di fronte a un vero e proprio esercito, che doveva essere legato al Mausoleo dell’imperatore Qin. Era già risaputo, infatti, che, da qualche parte, in quella zona, si trovasse la tomba del primo imperatore, ma nessuno poteva immaginare che, a sua difesa, fosse sotterrato anche un esercito in terracotta di tale portata!
Ogni singola scultura diseppellita è stata trovata in frantumi: soltanto 1 è stata estratta integra.
Con un lavoro grandioso, che dura ancora oggi, sono stati messi insieme i pezzi, e ricomposte le statue, ritrovate in 3 fosse, profonde fino a 6 metri: ad ora solo poco più di un migliaio di guerrieri, su circa 8000 rinvenuti, sono stati ricostruiti interamente, e messi in piedi, o nella posizione originaria. Statue a dimensione umana, molte delle quali poste ordinatamente in file parallele, come erano in origine. Il risultato di tutto ciò è che, a vederli ora, i guerrieri, sembra che abbiano un’anima.. la sensazione è di aver davanti persone che siano davvero vissute!!
I guerrieri sono stati fatti con un certo numero di stampi, ma ognuno è stato reso diverso dall’altro, ognuno con le sue particolarità: armature diverse, espressioni diverse, postura diversa, appartenenza a ranghi diversi, ed è bellissimo soffermarsi ad osservarli, uno ad uno. Taluni sono rimasti senza testa, e quasi tutti nelle mani non hanno le armi, che la loro posizione lascierebbe immaginare: alcune di queste armi di bronzo, sono state rinvenute, ed esposte nel museo, altre sono state trafugate nel tempo. Sono tutti delle stesso colore, grezzo, poichè, purtroppo, il contatto con gli agenti atmosferici ha fatto perdere loro i colori originari, poco dopo che sono stati dissotterrati.
L’esercito di terracotta è stato dichiarato patrimonio UNESCO nel 1987.
L’esercito di terracotta: la nostra visita
L’intero sito si estende su oltre 56 chilometri quadrati, ma il museo dell’imperatore Qin-Shi-Huang si racchiude principalmente in 3 hangar, dove i guerrieri ricostruiti, e quelli in via di ricostruzione, si possono vedere dall’alto, all’interno delle fosse in cui sono stati trovati.
La prima fossa ricorda un hangar per aerei, data l’enormità, 230 x 60 metri. Appena dopo essere entrati, si possono vedere le statue di fronte, tutte allineate ordinatamente a formare un rettangolo, in file separate da 9 corridoi, e intervallate dalla presenza di alcuni carri e di cavalli: il colpo d’occhio è davvero impressionante
.
Girato l’angolo, si possono vedere i guerrieri di fianco
e da dietro
Percorrendo il perimetro, si possono osservare tutti i dettagli: le espressioni del viso, i diversi copricapo, le uniformi, perfino le giunture sulle statue, fatte di più parti. In ogni volto si coglie la serietà e la fierezza che contraddistingue il compito di guardia che dovevano svolgere
Sul fondo ci sono le statue in via di completamento, quelle catalogate, quelle ancora non complete, e in via di ricostruzione, con accanto le cassette dei pezzi che appartengono ad ognuno, e, infine, i reperti di terracotta ancora da estrarre, e mescolati col terreno
La seconda fossa, scoperta nel 1976, è meno d’impatto: molte delle statue sono in fase di estrazione dal terreno, addirittura alcune si vedono ammassate l’una sull’altra; ma qui la cosa interessante è la presenza di un laboratorio mobile su rotaie, che permette ai restauratori di spostarsi nel luogo preciso del ritrovamento, e, ivi, di effettuare il loro lavoro. Quando siamo andati, c’erano alcuni archeologi all’opera.
A fianco della fossa sono state posizionate alcune teche in vetro, con guerrieri di diverso tipo e rango, tra cui anche l’unica statua trovata integra, che non è in piedi
Si riescono così ad osservare da vicino tutti i particolari dei soldati e degli ufficiali
Ci sono in mostra anche alcuni cavalli da traino: i particolari del muso sono davvero impressionanti
La terza fossa, la più piccola, è molto interessante perchè vi è rappresentata una scena con diversi soggetti, uomini e cavalli, in diversi ambienti
In alcune sale espositive adiacenti sono in mostra altri particolari, per esempio le armi; si può leggere la storia su pannelli espositivi, e ci sono anche alcuni strumenti interattivi. Purtroppo, al momento della nostra visita non era presente, perchè probabilmente in trasferta in altro luogo, una famosa carrozza in bronzo trainata da cavalli. Tutto ciò, comunque, cattura, e desta grandissimo interesse.
All’interno dell’area espositiva è presente un negozio di souvenir e anche un ristorante e un punto di ristoro: il fascino di quello che stiamo vedendo è tale, che ci passa l’ora di pranzo, per cui, affamati, riusciamo solo a mangiare qualche raviolo nella caratteristica area di ristoro attigua al ristorante, che ormai è chiuso.
Usciamo da una parte diversa da quella dove siamo entrati, facendo un lungo tratto di strada a piedi, molto colorato e vivace, in mezzo a negozi di souvenir, e di locali che offrono cibo di qualsiasi tipo: è come essere in un enorme centro commerciale all’aperto misto a un parco giochi; alla fine di questa via, si giunge al punto dove stazionano i taxi.
Ma… il mausoleo dell’imperatore?
Mentre ammiravo questa meraviglia, mi domandavo:
se qui sono stati trovati i guerrieri, dov’è la tomba dell’imperatore?
L’area dei ritrovamenti è molto estesa, ma non tanto lontano dal museo è stato individuato il luogo dal mausoleo, sotto ad una collinetta artificiale. Non sono ancora stati effettuati gli scavi, per una serie di motivi, tra cui, si dice, il rischio di danneggiare i reperti, portandoli alla luce, l’enorme profondità in cui si troverebbe la camera sepolcrale, il sospetto della presenza di quantitativi elevati di solfuro mercurio, che potrebbe essere tossico, attorno alla tomba, nonchè il timore di qualche altra diavoleria pensata dall’imperatore, per rendere la camera inaccessibile. Per ironia della sorte, pare che la morte dell’imperatore sia dovuta proprio ad una ingestione eccessiva di mercurio, che, secondo le credenze dell’epoca, portava l’immortalità. Il contenuto del tumulo, comunque, è ancora sconosciuto,
Dove si trova l’Esercito di terracotta
Il sito dell’esposizione si trova ad una quarantina di chilometri da Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, nella Cina Centrale.
Come raggiungere l’Esercito di Terracotta
-con il bus turistico 306, che parte dalla stazione dei treni di Xi’an (biglietto a bordo, 7 yuan)
-con un Didi (taxi, 35 euro a/r), che è stata la nostra scelta: dalla Pagoda della Grande Oca Selvatica, partenza alle 12, arrivo alle 13, nessuna fila all’ingresso
Biglietti: acquistati alla biglietteria senza fare coda; in alternativa viene suggerito l’acquisto su Wechat (ma si possono acquistare anche su Trip.com); all’ora di pranzo abbiamo trovato poca coda anche ai controlli per l’accesso; dopo i controlli si può scegliere se percorrere un lungo tratto a piedi o se, per pochi yuan, acquistare il biglietto per la macchinina elettrica che porta all’ingresso (fortemente consigliato per risparmiare energie, soprattutto nei periodi caldi)
Durata della visita: circa 3 ore (facendo con calma)
A metà settembre, all’ora di pranzo non abbiamo trovato grande affollamento; in particolare, vicino all’ora di chiusura la prima fossa era quasi vuota. Il suggerimento quindi è di sfruttare l’orario tra le 12.30 e le 13.00 nel tentativo di evitare di non godersi la visita per via della folla esorbitante che può crearsi, soprattutto davanti alla prima fossa.
Conclusioni
Nessuna fotografia o immagine rende quello che si può provare davanti all’Esercito di Terracotta: può destare interesse la storia, io stessa leggevo le informazioni, e guardavo video e foto con curiosità, prima di andare, ma mai mi sarei aspettata l’effetto che mi ha fatto essere dal vivo di fronte a questa spettacolare visione , che, letteralmente, lascia senza fiato. E’ davvero l’ottava meraviglia del mondo!
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Leshan è una località a circa 2 ore di treno da Chendgu, sempre nella regione del Sichuan.
È rinomata per la presenza della più grande statua del mondo di un Budda seduto, scolpito nella roccia di una montagna.
Ma la sorpresa, per noi, è stata anche la visita all’Oriental Capital of Buddhism, che si trova nello stesso sito del Budda gigante, un’area dove si trovavano templi buddisti nell’antichità, distrutta e poi ricostruita nel 1994, all’interno di una lunga galleria scavata nella montagna, dove sono poi state scolpite nella roccia più di 10000 statue, in omaggio al Budda.
Arrivo al sito dei Budda di Leshan e biglietti
Siamo arrivati al sito dei Budda di Leshan attorno alle 15.30 da Chendgu: al mattino avevamo visitato la riserva dei panda.
Siamo entrati dall‘ingresso est, dopo aver saltato la fermata dell’ingressso principale, con il bel bus in stile vintage, che porta in quella zona: era il primo bus che prendevamo in Cina e abbiamo appurato che non è così semplice capire dove scendere.
L’accesso all’ingresso è un po’ disastrato, ho avuto il dubbio che la via non fosse corretta, mentre invece dopo qualche metro si arriva alla biglietteria, dove abbiamo acquistato i biglietti, con un pò di difficoltà, aiutati da simpatiche ragazze che vi lavoravamo, molto collaborative, e curiose nei nostri confronti.
I biglietti sono 2 diversi, a seconda che si voglia visitare anche l’area dell’Oriental Capitali of Buddishm, o soltanto il Budda Gigante. Noi abbiamo deciso di visitare entrambi, e col senno di poi, siamo stati contenti perché l’Oriental Capital of Buddishm, che sembrava un di più da vedere perché ci trovavamo lì, è stata la cosa preferita da marito e figlia.
Di seguito la mappa di tutta l’area, e il depliant dell’Oriental Capitali of Buddishm
La visita all’Oriental Capital of Buddhism
Dall’ingresso est, una navetta gratuita porta direttamente al luogo dove si inizia la visita, e dove si trova il più grande Budda sdraiato del mondo, lungo 170 metri, e scavato nella montagna, che guarda sul fiume: non sono riuscita a fotografarlo, perché non ci stava nell’obiettivo per quanto è grande!
In realtà, vederlo chiaramente non è semplicissimo, visto che la vegetazione copre la maggior parte del suo corpo
Da questo punto inizia un giardino meraviglioso, e un lunghissimo percorso, in una galleria scavata nella montagna, dove ci sono tantissime raffigurazioni di Budda di diverse dimensioni, e varie scene scolpite nella roccia. Un tributo alla cultura buddista, e alle antiche sculture andate perdute, create da artisti contemporanei, ma di una bellezza e spettacolarità toccanti
Ci sono statue scavate davvero belle
e pareti scolpite
in un percorso che ha un’atmosfera molto mistica
E’ impressionante il Budda seduto nella cava di 33 metri
e il Budda farmacista, alto 51 metri: queste sculture imponenti lasciano senza fiato
Per fare tutto in percorso nella grotta abbiamo impiegato parecchio tempo: solo alle 16.30 ci siamo diretti verso il Giant Buddah.
Il Giant Buddah di Leshan
Il Budda gigante di Leshan è una statua scolpita sulla montagna, che guarda il fiume che scorre ai suoi piedi. Questo Budda seduto, in pietra, è il più alto del mondo, ben 71 metri!
La sua costruzione iniziò nel 713 d.c., ad opera di un monaco cinese dal nome Haitong, con lo scopo di propiziare le acque del fiume, affinchè non fossero impetuose, e consentissero la tranquilla navigazione delle navi. Terminò dopo la morte del monaco, nell’803 e nel 1996 l’opera è stata inserita nel patrimonio UNESCO
Per arrivare ai piedi del Budda Gigante, occorre fare un pò di strada in sentieri ben tracciati nella tra roccia nel bosco, fino ad arrivare ad una scala che scende a picco
La ripida discesa costeggia il fiume, e affianca la roccia rossa della montagna, che, negli orari vicino al tramonto, appare come infuocata dal sole calante, e crea un paesaggio incantevole
Fortunatamente a quell’ora non c’era coda per scendere (e in seguito per risalire), ma il caldo, seppur fosse settembre, era notevole, tanto che ci siamo chiesti come facciano quelli che visitano il sito in agosto, nelle ore centrali, e rallentati dalla folla di persone.
All’arrivo alla base del Budda si deve stare con naso all’insù, per vedere la meraviglia, e rigirarsi per ammirare il fiume che scorre di fronte, e i grattacieli della città all’orrizzonte: nel momento che che eravamo lì, il fiume fluiva con un certo impeto, probabilmente in seguito alle piogge dei giorni precedenti
Il sito è davvero spettacolare e la scultura è davvero immensa.
La discesa, e la risalita, al momento è da un solo lato, perchè una parte della statua è in ristrutturazione, e coperta da impalcature (non so se, in tempi normali, si scenda da un lato e si salga dall’altro)
Purtroppo non avevamo il tempo per prendere anche la barca e vedere il Budda dalla prospettiva del fiume, che secondo me sarebbe valsa la pena
Ci siamo fermati a lungo di fronte a quest’opera, nei punti di ombra, o dove c’erano dei ventilatori, disposti per alleviare i guardiani dal calore: io sarei rimasta lì ad ammirarla ancora, ma i miei compagni di viaggio erano davvero provati dal caldo
Siamo quindi risaliti e abbiamo cominciato a cercare una diversa uscita per fare meno strada, in preda alla stanchezza della giornata, cosa che è diventata, dopo un pò, piuttosto ardua: le indicazioni erano davvero poco chiare, e nessuno, non comprendendo l’inglese, ci sapeva aiutare.
Poi finalmente siamo riusciti ad uscire, da una parte diversa da dove eravamo entrati, ed erano già le 18, l’ora di chiusura: la difficoltà è stata farci trovare dal Didi chiamato per il ritorno (e forse questo poteva farci presagire il seguito). Il viaggio è stato davvero allucinante: la macchina era scomoda e malmessa, il vetro frontale molto sporco, per evitare una coda il taxista stava per prendere una deviazione ma poi ha cambiato idea all’ultimo momento con una brusca svolta, un auto ha suonato, e lui si è fermato in autostrada a discutere con il conducente! e, dulcis in fundo, il taxista si è poi dovuto fermare per un rumore strano, e segnalazioni pervenute da altre auto, perchè si stava staccando una parte del paraurti, che, con alcune martellate, ha tolto e lasciato sul bordo strada!! Io non vedevo l’ora di arrivare a destinazione, dopo queste disavventure.
Abbiamo impiegato quasi 3 ore per raggiungere il nostro hotel, ed eravamo davvero esausti. Ovviamente abbiamo lasciato una nota negativa sull’app di Didi, relativamente a questo viaggio, per le condizioni dell’auto e per il conducente!
Conclusioni
L’escursione a Leshan, da Chendgu, secondo me vale la pena: sarebbe consigliabile farla in una giornata intera, avendone la possibilità, anzichè in mezza giornata, per godere a pieno, e senza fretta, del parco e del sito che sono davvero spettacolari.
Tempi e trasporti
-Partenza con Didi ore 11.20 dal centro Panda fino alla stazione di Chendgu est.
Treno delle ore 13.05, prenotato 2 giorni prima, arrivo a Leshan, e bus delle ore 14.20.
Attenzione: il bus si prende seguendo le indicazioni per K1 a destra, si deve attraversare la strada, ed andare dentro all’autostazione. Tempo di percorrenza: 1 ora (col Didi si avrebbe impiegato meno tempo, ma c’era una fila chilometrica alla stazione dei taxi: magari si poteva fare il tentativo di spostarsi un po’ e chiamare il Didi)
Difficile capire quale sia la fermata a cui scendere, l’autista parlava solo cinese, abbiamo visto l’ingresso principale quando il bus era già ripartito, e ci ha poi lasciato all’ingresso est, dove non c’era nessuna fila per i biglietti.
-Ritorno da Leshan a Chendgu con Didi: i treni non erano più disponibili il giorno prima, e comunque, dopo una giornata così intensa preferivano non prendere 3 mezzi, ma tornare direttamente (costo circa 60 euro in 3). Abbiamo impiegato oltre 3 ore per arrivare a destinazione, a causa del traffico intenso.
settembre 2024
su Chendgu:
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Cina, la Grande Muraglia: visita alla sezione di Mutianyu
La Grande Muraglia cinese… che dire, quando ti ritrovi di fronte ad una delle 7 meraviglie del mondo moderno, un posto che ritenevi remoto, e che neanche avevi immaginato di riuscire a vedere?
Mi sembrava impossibile, mentre col Didi, prenotato la sera precedente, partivamo da Pechino alle 7 del mattino, per andare verso la sezione di Mutianyu della Grande Muraglia; mi chiedevo se davvero avevo organizzato questa cosa, se non stessi sognando, e quasi non riuscivo a crederci.. Mi sentivo emozionata.. come.. come.. forse come una bambina in attesa della sua grande festa di compleanno, o quando sta per prendere un animale, un gatto, un cane, o quando aspetta i regali di Babbo Natale..
Eravamo proprio in Cina, e stavamo per arrivare al cospetto di un’opera grandiosa.
La Grande Muraglia: un po’ di storia
La costruzione delle prime mura fortificate della Grande Muraglia iniziò nel VII secolo a.c, quando la Cina era ancora divisa in tanti piccoli stati, con lo scopo di definire i confini del territorio, difendendolo dalle invasioni.
Fu opera del primo imperatore della Cina, Qin (221 a.C.-206 d.C.), lo stesso da cui viene il nome del paese, lo stesso che fece costruire l’Esercito di Terracotta, e che unificò la Cina, l’unione delle sezioni già esistenti delle mura, e la realizzazione di nuovi tratti. È così che nacque questo lungo muro difensivo, la Grande Muraglia, all’epoca già lunga oltre 5000 chilometri.
Con le dinastie seguenti, le mure furono rinforzate ed ampliate, ma la maggior parte delle sezioni che oggi sono visitabili, come quelle di Badaling e Mutianyu, le meglio conservate, sono vicine a Pechino, e risalgono all’epoca della dinastia Ming (1368-1644). Fu il governo della Repubblica Popolare Cinese, nella seconda metà del XX secolo, che dopo un’opera di restauro della muraglia, ne decretò l’apertura al pubblico.
Si può dire, quindi, che la sua costruzione sia durata attorno a 2300 anni: nel 1987 la Grande Muraglia, formata da mura merlate, torrette e fortini, su un’area arrivata a circa 21000 km, 16 volte l’Italia, è stata inserita tra i patrimoni UNESCO, considerata un capolavoro dell’architettura difensiva antica.
Curiosità
La Grande Muraglia è alta dai 5 agli 8 metri e larga dai 5,5 ai 6,5 metri: doveva consentire il passaggio di quattro cavalli affiancati, che potessero trasportare truppe, armi e rifornimenti.
La muraglia finisce al mare, in un paese a est della Cina chiamato Shanhaiguan.
Sulla Grande Muraglia ci vivono anche dei gatti!!
Sull’ultima torretta di Mutianyu c’è una anziana venditrice di souvenir: mi sono chiesta se ogni mattina percorre tutto il tratto per arrivarci!
Le sezioni della Grande Muraglia
Le sezioni visitabili della muraglia sono una decina: alcune sono impegnative e richiedono faticosi trekking e scalate. Le più popolari e accessibili sono principalmente 3:
–Badaling, la prima ad essere aperta nel 1957, a una sessantina di chilometri da Pechino: è la più affollata, in quanto frequentata da gruppi e dal turismo cinese. Si può raggiungere comodamente in autobus e bus turistici, e pare anche in treno; il tratto è lungo 3,74 chilometri, salita a piedi e in funivia
–Mutianyu, poco più distante che Badaling, è frequentata molto dal turismo straniero, e quindi meno affollata, ma soprattutto dicono sia meglio restaurata, e con un paesaggio superbo; il tratto ha 23 torri, distanti 100 metri l’una dall’altra, è lungo 2,25 metri, ed è stato completamente restaurato, riportandolo come alle origini. È meno comodo da raggiungere con i mezzi rispetto a Badaling, ci arrivano autobus, o bus turistici, ma con cambi e maggior tempo di percorrenza. Più consigliato il taxi (o meglio il Didi, molto economico, circa 25 euro a tratta).
Possibilità di salire:
☑a piedi (4000 scalini)
☑con seggiovia, fino alla torretta 6, poi salita irta fino alla 14 – e possibilità di discesa anche con tobago (uno slittino che scende dalla collina)
☑con cabinovia, che arriva alla torretta 14, per giungere alla 23, l’ultima, prima che il sentiero sia interdetto
–Jinshanling, a circa 150 km da Pechino, 3 ore di auto, ha un percorso più lungo e impegnativo, in quanto la sezione non è stata interamente restaurata, ma è rimasta nelle condizioni originarie per gran parte del percorso. Ma sembra molto più spettacolare, soprattutto perchè la muraglia corre sulla cresta delle montagne, e si può vedere bene il suo sviluppo dai tratti più alti.
La nostra visita alla Grande Muraglia dalla sezione di Mutianyu
Partiamo da Pechino alle 7 del mattino, con un Didi, prenotato la sera precedente, e arriviamo all’ingresso della Grande Muraglia alle 8.40.
Andiamo alla biglietteria, che apre alle 8.30; scegliamo di salire e scendere con la cabinovia che porta fino alla torretta 14, per arrivare alla torretta 23. Col senno di poi farei, solo l’andata in cabinovia, e al ritorno andrei a piedi dalla torretta 14 fino alla 6, per fare anche quel tratto, che è in discesa, scendendo poi in seggiovia (che copre questo tratto, molto in salita all’andata se si prende la seggiovia; in alternativa la discesa può essere fatta in tobago, uno slittino che scende per la collina, ma che a noi non interessava, e dove generalmente si forma molta coda).
Dalla biglietteria c’è un pezzo di strada da fare a piedi per arrivare al punto in cui parte la navetta, che sale di parecchio per raggiungere la cabinovia, impiegando una decina di minuti. Un tratto molto carino, con locali, bancarelle e ombrelli colorati appesi in alto
Ci fermiamo da alcuni banchetti che vendono bellissima frutta: il giorno prima un cordiale cinese ci aveva offerto degli strani frutti, buonissimi, che scopriamo essere giuggiole, e decidiamo di comprarle per ristorarci durante la salita (e da allora le compreremo ovunque le troveremo)
Entriamo nella cabinovia, che inizia a salire: pian piano, sulla cresta della montagna, tra il verde degli alberi, si comincia a vedere il muro merlato
Mettiamo i piedi sul tratto di Mutianyu della Grande Muraglia che sono le 9.30, e c’è ancora pochissima gente, e il fresco del mattino
Iniziamo a percorrere con emozione i 2 chilometri e mezzo della sua lunghezza, tra i parapetti merlati, che in passato permettevano ai soldati di scagliare le loro frecce contro il nemico da entrambi i lati, cosa per cui questa sezione si distingue dalle altre
Chiedimi se sono felice!
Il tratto è in mezzo ad alberi fitti, pini e cipressi, di un verde intenso. Più si sale più sembra di andare vicino al cielo e tutto intorno si è avvolti da montagne bellissime
Si alternano punti in discesa, punti in piano e punti in salita
In certuni viene il fiatone, e io mi fermo spesso, non per la difficoltà, ma per guardare tutto minuziosamente e imprimere nella mia mente quello che vedo
Per cogliere il punto di vista tra un merlo, o da una feritoria
o da una torretta
o voltandomi indietro
Fermandomi a pensare all’opera che l’uomo ha costruito in mezzo a questi monti; a pensare a come abbiano fatto a portare i materiali in luoghi così remoti, lungo boschi ed alture; agli uomini che dentro le torrette si riparavano dal caldo e dal freddo, quando dovevano restare a difendere i confini
E anche a coloro che hanno immaginato, e poi realizzato un’opera del genere: costruita un pezzo alla volta, non si rendevano conto di che cosa stavano creando, e di cosa stavano lasciando ai posteri da ammirare..
Man mano che proseguo mi accorgo che ogni tratto della muraglia riserva un panorama diverso, una prospettiva differente
Il percorso inizia a salire con ripide scale: ci sono 454 gradini, tra le torrette 19 e 20. Nel frattempo, parecchie persone ci hanno raggiunto nella salita, creando un pò di affollamento, rallentando per la fatica, o per scattare mille foto
Più si sale, e più aumenta la meraviglia
Finché si arriva al tratto per giungere all’ultima torretta: gli scalini sono più stretti, si passa solo 2 alla volta, e sono talmente ripidi da doversi aiutare con le mani per salire e per scendere
Ma quando si arriva alla cima, si allarga davvero il cuore ❤!! Una grande pietra decreta l’arrivo nel punto dove la strada poi si interrompe, e non è più consentito proseguire
Da lì si vede la gente che sale, come un biscione che si contorce
Lo sguardo può guardare verso l’infinito
Quando siamo sazi di tutta quella meraviglia, ci rimettiamo in fila per scendere, di nuovo uno alla volta, e poi ripercorriamo la via a ritroso.
Io ancora mi attardato ad osservare le prospettive e ad assaporare il piacere di essere lì
Poi, camminando, arriviamo di nuovo alla torretta 14, da dove siamo partiti
Mi balena l’idea di proseguire verso la 6, dove si potrebbe poi prendere la seggiovia, visto che il tratto sarebbe in discesa… ma ormai abbiamo i biglietti per il ritorno, e siamo anche affamati, per cui ci accingiamo a prendere la cabinovia.
Usciamo dalla Muraglia che sono le 13.30: siamo stati 3 ore e mezza sul percorso.
Ci fermiamo a pranzo nel ristorante Xinshuangquan, ai piedi della cabinovia, prima di andare a prendere lo shuttle: è un posto che ricorda gli ambienti sovietici, con tavoli tondi e arredamento essenziale. Ma mangiamo molto bene, a prezzi contenuti, ordinando con facilità: il menù è in inglese, con cibo occidentalizzato (tipo ci sono gli involtini primavera, che pare esistano solo in occidente) e ci sono le foto dei piatti
In alternativa, per mangiare, c’è anche un bar con degli snack. Mi stupisco quando vedo gelati a forma di Grande Muraglia: scopriremo, in seguito, che in ogni monumento c’è il gelato con la sua forma, elegantemente confezionato, e anche buono!!
E poi prendiamo la navetta, raggiungendo il punto di partenza, e chiamiamo un Didi per tornare a Pechino, dove impieghiamo parecchio ad arrivare, per il traffico.
Anche questa tappa l’abbiamo raggiunta, anche questa meraviglia abbiamo avuto la fortuna di vederla🙏: siamo molto contenti
Io mi sento ricca, nutrita, espansa, e carica di quella energia che arriva dalle cose belle. E piena di gratitudine per quel che ho attorno, e per quel che, con caparbietà e motivazione riesco a prendermi.
Con la convinzione, che siamo nati per andare a prendercele, le cose belle.
settembre 2024
informazioni dettagliate sulla Grande Muraglia
https://www.viaggio-in-cina.it/grande-muraglia/
settembre 2024
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Cina: la mia visita a Pechino
Pechino è talmente vasta e ha così tante cose da vedere che ci si potrebbe trascorrere anche una settimana intera.
Meriterebbe dedicarle tempo per viversela, vedere i posti di giorno, e ritornare a vederli con l’illuminazione notturna; rilassarsi nei parchi, nei templi, curiosare nelle stradine, nei centri commerciali e nei supermarket; perdersi negli hutong, entrare nei cat cafè, sperimentare locali di tutti i tipi. Viverla per le strade, andando a zonzo, senza dover visitare solo cose, respirandone l’atmosfera e guardandosi intorno.
Restando pochi giorni, questa cosa mi è mancata, e mi è rimasta come una nostalgia.. e la voglia di tornarci e di vivermela proprio così.
In ogni distretto, zona, area, mi sembrava di essere in una città diversa; l’atmosfera cambia davvero tanto da un posto all’altro. E tutti mi hanno suscitato sorpresa, meraviglia, emozioni!
Se i giorni da dedicarci non sono tanti, come nel mio caso, che sono rimasta 3 giorni e mezzo, allora ci si può limitare a visitare solo le cose principali (e magari inserire qualche cosa di particolare o sorprendersi con l’inaspettato non programmato!!)
Cosa vedere a Pechino con pochi giorni
Il centro storico, politico e culturare di Pechino è il distretto chiamato Dongcheng: un’invisibile retta, che va da nord a sud, allinea tutti i principali monumenti della città, dal Parco del Tempio del Cielo, a Piazza Tienanmen, alla Città Proibita, il Parco Jingshang, le Torri del Tamburo e della Campana
Questi monumenti risalgono alle ultime 2 dinastie, la Ming (1368-1644) e la Quing (1644-1911), conclusasi con l’avvento della Repubblica cinese, da allora e fino al 1949, seguita dalla proclamazione da parte di Mao Zedong, della Repubblica popolare cinese.
Risale al 1908 l’ascesa al trono di Pu Yi, che ha una storia davvero singolare (raccontata dal film “L’ultimo imperatore” di Bertolucci, che merita moltissimo di essere visto): incoronato all’età di neanche 3 anni, per volere dell’imperatrice Cixi, visse recluso nella Città proibita anche dopo che fu costretto ad abdicare, finchè non venne catturato dai sovietici, e poi rimandato in un campo di rieducazione in Cina, terminando la sua vita come cittadino comune.
Il primo sito quindi da vedere è proprio la Città Proibita.
La Città Proibita o Forbidden City
La Città proibita, costruita nel 1400, in periodo di dinastia Ming, porta questo nome perchè fu inaccessibile ai cittadini comuni per anni.
E’ stata palazzo imperiale, residenza dell’imperatore, dell’imperatrice, di concubine, eunuchi e servitù, e fu interdetta ad altri fino al 1924, quando l’ultimo imperatore della dinastia Qing, Pu Yi, fu costretto a lasciarla. Venne aperta al pubblico l’anno seguente. E’ una vera e propria città, immensa, circondata da mura rosse e da un fossato, costituita da deliziosi palazzi, edifici templi, cortili, magazzini, e ponti: si contano fino a 900 edifici!
Per accedere ci sono più entrate: consiglio l’ingresso nord, entrando a Piazza Tienanmen, dalla Porta della Pace Celeste, un edificio riconoscibile per la foto di Mao Zedong, dove Mao, appunto, proclamò, il 1 ottobre del 1949, la Repubblica popolare cinese
L’ingresso è a senso unico: da qui si arriva alla porta meridionale, che è l’entrata vera e propria, che in alternativa si può raggiungere in circa 15 minuti di camminata lungo i viali della città, dalla metro Tienanmen est, passando prima dalla porta est (chiusa quando siamo andati noi) e proseguendo avanti, costeggiando il fossato, per altri 10 minuti a piedi
Dopo i controlli, si entra dalla porta della città, e si trova un enorme cortile lastricato con cinque ponti di marmo, disposti in orrizzontale, che attraversano un corso d’acqua
Si passa la Porta della Suprema Armonia, per arrivare all’imponente scalinata e al Palazzo della Suprema Armonia, dopo il quale si cominciano a susseguire i vari palazzi, uno dopo l’altro
Ai lati si trovano strade con edifici minori e cortili, in un insieme di porte, entrate ed uscite, talvolta simili ad un labirinto, ma di una bellezza e di un fascino eloquente
Il sito è meraviglioso, riporta indietro nel tempo, e in un tempo che a me era sconosciuto. Per me è stato entusiasmante riconoscere ed essere dentro ai luoghi visti nel film “L’ultimo imperatore”
-Tempo di visita: minimo 3 ore. Non si accede all’interno dei palazzi.
-Fermata metro: Tienanem
-Biglietti acquistabili 1 settimana prima dal sito on line, vanno subito esauriti ma si possono acquistare sempre in loco, alla biglietteria nel cortile della porta meridionale.
-È consigliabile arrivare all’apertura per trovare meno gente.
Parco Jingshang (Collina del carbone)
Uscendo dalla porta meridionale della Città Proibita ci si trova di fronte al Parco Jingshang, un giardino bellissimo e fiorito, sovrastato da una collina, denominata Collina del Carbone, in quanto si dice fosse qui ammassato il carbone che serviva alla Città Proibita
Salendo sulla cima si incontrano alcuni templi
Si ha un panorama spettacolare di Pechino dall’alto e della Città Proibita
Noi non ci siamo andati dopo la visita a quest’ultima visto che era mattina (siamo invece ritornati verso Piazza Tienanmen che avevamo prenotato), perchè volevamo andare al tramonto, quando la vista è molto più suggestiva, anche se la folla che abbiamo trovato è stata pazzesca: tutti accalcati per fotografare il tramonto
Però devo dire che lo spettacolo è molto suggestivo: il panorama è a perdita d’occhio, sino a Piazza Tienanmen che, proprio al tramonto, si vede illuminata sul fondo
Ingresso a pagamento: 1 Yuan, metà prezzo studenti, gratuito over 60
Tempo di visita: 1 ora
Piazza Tienanmen
Si trova proprio di fronte alla Porta della Pace Celeste della Città Proibita, e per raggiungerla c’è un sottopasso prima dell’ingresso nord di quest’ultima
Piazza Tienanmen è la piazza più grande del mondo, 880 metri per 500; ha ai lati il Palazzo dell’Assemblea del Popolo, il Museo Nazionale della Cina, il Grande Teatro Nazionale, il Mausoleo di Mao, e sul fondo è chiusa dalla Porta Anteriore, un residuo delle mura di epoca Ming. Al centro si trova un obelisco, un monumento agli eroi del popolo
Sicuramente molto suggestiva per le dimensioni, non da la sensazione di una piazza vivace, o di un luogo di ritrovo come una qualsiasi piazza.. quando siamo andati c’era pochissima gente, ci è sembrata molto vuota, viste anche le dimensioni.
La piazza fu ideata dal presidente Mao Zedong. come rappresentazione dell’onnipotenza del partito comunista, ed è tristemente conosciuta anche per gli avvenimenti del giugno 1989, quando alcune proteste di studenti vennero sedate con violenza dai militari. Oggi in questa piazza è vietato manifestare.
Per entrare bisogna sottoporsi a molteplici controlli, in più punti lungo la strada e i vicoli limitrofi: controllo del passaporto, delle borse, delle borracce, e passaggio al metal detector. A me hanno controllato tutto quello che conteneva il mio zainetto, hanno perfino sfogliato un quaderno e la guida che avevo all’interno
Ogni mattina all’alba c’è l‘alzabandiera, che pare sia una cerimonia molto bella.
-Tempo di visita: meno di 1 ora
-Fermata metro: Tienanmen est
–L’ingresso va prenotato tramite l’app Wechat entro il giorno prima della visita (oppure c’è chi dice che col biglietto della Città proibita può non essere prenotata, ma a noi è stata richiesta la prenotazione e sarebbe stato arduo spiegarsi col solo biglietto della Città Proibita, visto che non parlano inglese). Non è stato facile prenotare, perchè la procedura è piuttosto complessa, nonostante avessimo il numero cinese, -che occorre (salvo fare inserire un numero dall’hotel)-, quindi ci siamo fatti aiutare dagli addetti alla reception del nostro hotel.
Qualora si decida di non andare all’apertura alla Città Proibita, vale la pena visitare prima piazza Tienanmen, e poi quest’ultima, il cui ingresso nord è sul lato.
Qienamen Daje
A sud di Piazza Tiananmen si trova la bella porta di Qianmen, risalente al 1419
Da qui parte la Qienamen Daje, un viale pedonale alberato che ho trovato incantevole, alle spalle della Porta Anteriore, che chiude Piazza Tienanmen
Vivace, pieno di locali, commerciali moderni e tradizionali, dove è bellissimo passeggiare, il viale ha ristoranti e negozi, lanterne ai lati, e un vecchio tram che lo percorre, e vicoli limitrofi (hutong) con case e botteghe caratteristiche
Lungo questa strada abbiamo pranzato, assaggiando ottimi ravioli, i famosi “dampling” al ristorante Duyichù consigliato dalla guida Lonely Planet.
Qui abbiamo avuto la certezza che i cinesi a tavola bevono acqua calda, che i ristoranti spesso non mettono tovagliette e tovaglioli, e che non hanno una toilette (ma nei vicoli limitrofi si trovano i bagni pubblici, che abbiamo sperimentato). Ovviamente si mangia solo con le bacchette.
La strada prosegue dritta, oltre la zona dei negozi, fino al Tempio del Paradiso (quasi 3 km).
Parco del Tempio del Cielo (o del Paradiso)
Il sito è un bellissimo e grande parco, il cui principale monumento è il Tempio della Preghiera del Buon Raccolto, un edificio meraviglioso circolare, con tetto ad ombrello, dai colori blu e viola, su un terrazzo di marmo
Una bellezza singolare, per la forma e per i colori intensi. Proclamato Patrimonio Unesco, era adibito a riti e cerimonie da parte degli imperatori delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911)
Visitato al tramonto ha grande fascino: per me è una delle più belle cose che ho visto a Pechino
Oltre al tempio, all’interno del bel parco che lo ospita, si trovano padiglioni, altri templi ed altari. Nel suoi giardini si può assistere a scene di vita comune quotidiana: persone che fanno ginnastica, ballano, giocano o si ritrovano.
-Tempo di visita: 2/3 ore
-Fermata metro: Tiantan dongman
-Il parco ha 4 ingressi.
-Biglietti fatti in loco
Nanluoguxiang
E’ un hutong, cioè uno stretto vicolo dove affacciano le case tradizionali, lungo 800 metri, per lo più turistico, dove si trovano negozi di tutti i tipi e street food: c’è veramente di tutto!!
L’atmosfera è molto gradevole, le attività sono spesso all’interno di edifici tradizionali, la strada è pedonale ed alberata, e addobbata in alcuni tratti con le caratteristiche lanterne rosse
Al mattino è tranquilla e percorsa da coloro che si recano al lavoro in bicicletta, magari caricando i bambini da portare a scuola, mentre al pomeriggio o alla sera, è molto affollata e vivace
Da un lato confina con Gulou street, viale trafficato e pieno di locali e ristoranti, che è carino percorrere anche per farsi un’idea del tipo di negozi che ci sono (ad esempio noi siamo entrati in alcuni negozi vintage e in un grande supermercato, esperienza che consiglio); dall’altro confina con la fermata della metropolitana omonima, e la porta che guarda su Dianmen Dongdaije. Ai lati ci sono gli hutong più autentici
A noi questa via è parecchio cara, perchè avevamo scelto l’alloggio proprio in questo hutong, ci è piaciuto molto, e ci è diventato famigliare: vedere al mattino il vicolo, al risveglio, e tornare all’hotel, con tutto il caos alla sera, e scoprendo sempre negozi o angoli non notati prima, è stato davvero piacevole!
Per esempio c’era un negozio che vendeva esclusivamente gadgets di Tom & Jerry
un altro (e questi sono frequenti) solo frutta caramellata
e uno gelati fatti a forma di pupazzetti di tutti i tipi
alcuni vendevano miscele di tè freddo alla frutta, di cui proponevano assaggio, altri ancora dolciumi, in particolare una specie di marshmellow con biscotti e frutta disidratata, buonissimi!
Qui per la prima volta ho visto i negozi dove eseguono la pulizia delle orecchie!!!
In zona si trovano il Tempio dei Lama, la Torre del Tamburo, quella della Campana, e il Tempio di Confucio.
-Fermata metro: Nanluoguxiang
Schichahai
In pochi minuti, da qui si arriva alla zona di Schichahai, altro vivace quartiere, con vie molto caratteristiche
Si trova accanto ad una zona di laghi molto carina (Xihai, Houhai, Qianhai), in alcuni punti attraversati da ponti e ponticelli, molto animata la sera, e piena di locali
A fianco a uno dei laghi si trova un lungo dragone colorato: questa è stata una delle immagini che per prima ho visto appena arrivata a Pechino, che mi ha fatto pensare: “Ecco, sono davvero in Cina!!”
-Fermata metro: Schichahai (o a piedi da Nangluoguxiang)
Tempio dei Lama
Il Tempio dei Lama è un’altra delle cose che più ci è piaciuta a Pechino (non solo a me ma anche a mia figlia ventenne e al marito): è un tempio stupendo dedicato al culto buddista tibetano, il più importante esistente fuori dal Tibet. Risale al XVII secolo, fu inizialmente costruito come residenza per il figlio dell’imperatore, poi diventò monastero per i monaci lama: tutt’ora è rifugio di monaci provenient dalla Mongolia
E’ molto grande e formato da diversi cortili e templi
All’interno dei templi si trovano delle statue di Budda sempre più grandi: man mano che si avanza nei cortili, si assiste ad un crescendo degli edifici e delle dimensioni dei Budda, fino ad arrivare all’ultimo, dove si trova il Budda più grande, in piedi, costruito con un unico blocco di legno: è alto 26 metri, ed è magnifico!
I caratteristici tetti dell’archittettura cinese, dai colori vivaci o dorati, le variopinte mattonelle, e le decorazioni, spiccano, infondendo un senso di bellezza ed allegria
Ma, soprattutto, nel tempio si gode di un’atmosfera mistica toccante e coinvolgente
Si trovano infatti devoti che pregano, altari con candele, grandi diffusori di incenso, dove i fedeli depongono stecche, inchinandosi, che infondono profumi intensi, e il tutto trasmette un senso di grande sacralità
– Fermata metro: Yonghegong
-Biglietti fatti in loco. Chiusura ore 16.30
Tips: in un hutong vicino al tempio dei Lama, Fangjia hutong, per caso abbiamo trovato il Cat cafè Mocha, dove ci si può fermare per un caffè, con una cinquantina di gatti di tutte le razze bellissimi, da accarrezzare, e che ti girano attorno (o ti guardano con superiorità, come usano fare i gatti). A questo posto ho dedicato un articolo
🔺️ La Torre del Tamburo
La stupenda Torre del Tamburo, risalente al 1420, domina Gulou street, e l’abbiamo vista più volte, di giorno e di sera passando, poichè alloggiavamo in zona
Salendo per una ripida scala si arriva alla sala dove ci sono i grossi tamburi rossi, che rievocano il passato, quando, gli originali, scandivano il tempo alla città
Ogni mezz’ora si può assistere ad un gradevole spettacolo di suono dei tamburi, e dal balcone che circonda la torre, si ha una vista spettacolare sugli hutong circostanti
Ho trovato molto interessante anche la mostra di orologi antichi, per lo più ad incenso, mai visti prima di allora.
-Tempo di visita: 1 ora
-Biglietti in loco
🔺️La torre della Campana
Di fronte alla Torre del Tamburo si trova la Torre della Campana, in pietra grigia, meno affascinante di quella del Tamburo, dove è conservata una campana in bronzo, che pare si potesse udire fino a 20 km di distanza
Questa torre l’abbiamo visitata solo all’esterno.
-Biglietti in loco
Questa zona, della Torre del Tamburo e della Campana, del Tempio dei Lama, di Schichahai e di Nanluogxiang è caratteristica per la presenza degli “hutong”.
🈴️Gli hutong
Prima di iniziare ad organizzare il viaggio in Cina, non avevo neanche mai sentito la parola “hutong”. Invece poi ho scoperto essere una delle cose più autentiche che si trova nel centro storico di Pechino: gli hutong sono gli antichi vicoli della vecchia Pechino, ovvero viuzze strette con le tradizionali case a corte, basse, in pietra grigia, molte delle quali con i caratteristici tetti spioventi
La costruzione dei primi hutong risale a oltre 7 secoli fa, e in ogni vicolo un tempo si viveva la vita quotidiana, e si gestivano affari e commerci specifici: non è raro vedere all’inizio della via un’insegna con alcune informazioni storiche. Si sono sviluppati principalmente nei dintorni della Città Proibita, e vi abitavano sia i cittadini comuni, che i ricchi.
Le principali zone dove ancora ci si può addentrare negli hutong sono quella attorno al viale Gulou, dove si trovano la Torre del Tamburo e della Campana, il Tempio dei Lama, e il turistico hutong Nanluoguxiang, il vicino quartiere Schichahai, quello di Qianmen e i dintorni di Wangfuijing.
Girovagando senza meta tra i vicoli, o infilandosi da un grande viale, si possono trovare hutong molto disordinati, con vecchi carretti, biciclette, motorini, roba accatastata, e altri molto ordinati, dove magari, più ci si addentra, più si può osservare la vita quotidiana degli abitanti, i panni stesi, pentolame, vasi di fiori, ecc.
Nelle case degli hutong la toilette spesso non è presente, quindi si incontrano tanti bagni pubblici, divisi per uomini donne e, a volte, famiglie
Entrando nelle viuzze, se si proviene da un attiguo viale trafficato della città, è come entrare improvvisamente in un altro mondo: sorprende il silenzio e la differente architettura, e il contesto è molto affasciante, offre davvero un’immersione nella vecchia Pechino. Che, fortunatamente, da un certo periodo in poi, il governo ha deciso di salvaguardare, dopo che era stata messa in atto una politica di abbattimento delle case degli hutong, per far posto a moderne costruzioni residenziali
Wangfuijing street
Wanffuijing street è una enorme ed elegante via pedonale commerciale e moderna, con edifici e grandi pannelli pubblicitari illuminati, la sera, centri commerciali enormi, e negozi di grandi firme. Al centro della via spicca un orologio simile al Big Ben
A me, devo dire, è piaciuta molto anche questa parte così all’avanguardia di Pechino, dove tutto è spazioso ed enorme! Basta comunque imboccare una delle stradine laterali e ci si trova in tutt’altro mondo.
-Fermata metro: Wangfuijing
⛩Palazzo d’Estate
Il Palazzo d’Estate o “Giardino della coltivazione dell’armonia” era la residenza estiva degli imperatori della Cina, che vi si trasferivano, dalla Città Proibita di Pechino, per sfuggire al caldo dell’estate. Risale al 1750
E’ un bellissimo parco attorno a un grande lago, con pendii collinari che sovrastano dei bei viali alberati, un lungo porticato, ponti, e coloratissimi palazzi e templi, in un giardino pieno di salici piangenti: il tutto costituisce un insieme armonioso, che gli è ha valso il titolo di patrimonio mondiale UNESCO
È considerato il giardino imperiale più grande e meglio conservato al mondo.
I punti che maggiormente mi sono piaciuti sono la Shouzou Street, che sembra una cittadina sull’acqua, dove edifici caratteristici si affacciano su canali attraversati da ponti, creando scorci suggestivi
il lungo corridoio, un porticato di 728 metri di lunghezza affacciato sul lago Kunming
e il ponte bianco con le 17 arcate che collega ad un isolotto nel lago
E poi ci sono i salici piangenti più belli mai visti!
I templi e gli edifici sono coloratissimi e trasmettono allegria e bellezza
Alcuni piccoli edifici lungo il parco sono stati trasformati in negozi o locali di ristoro, che offrono però ben poco per rifocillarsi: non ci sono ristoranti all’interno, solo una grande sala da tè, pertanto per mangiare bisogna accontentarsi o portarsi qualcosa da fuori.
Il Palazzo d’Estate è stato uno dei luoghi preferiti dell’imperatrice vedova Cixi, che ha una storia che mi ha molto incuriosito: è quella che compare, morente, nelle prime battute del film “L’ultimo imperatore” e che nomina il nipote di neanche 3 anni imperatore. In realtà lei non era la moglie dell’imperatore, ma una concubina che gli aveva dato un figlio (cosa che non era riuscita a fare la moglie), e alla morte del sovrano, tramite il figlio prestanome, aveva governato la Cina per lungo tempo
Ah… qui abbiamo visto delle bellissime e colorate mandarin duck
-Fermata metro: Beigongmen (North Palace Gate), linea 4 della metropolitana, poi camminata di 15 minuti fino all’entrata.
-Tempo minimo per la visita: 4 ore ma ci si può trascorrere un’intera giornata, e anche fare un giro con una delle barchetta che collegano le varie parti del lago.
Altre curiosità su Pechino
Come si può immaginare a Pechino nelle ore di punta il traffico è allucinante. Quando siamo arrivati dall’aeroporto, distante 27 chilometri dalla capitale, abbiamo impiegato un’ora e mezzo per giungere in centro, col Didi. Meglio forse la metropolitana, ma noi abbiamo pensato che dopo un lungo viaggio, e non pratici della città, fosse meglio prendere un taxi.
Al mattino invece si vedono tantissime persone in bicicletta e in motorino, che caricano i bambini da portare a scuola o che si muovono in città. Bisogna fare attenzione perchè sfrecciano ovunque!
I motorini sono tutti elettrici quindi non si sentono arrivare: negli stretti hutong suonano in continuazione il clacson, per avvisare di spostarsi.
Non è raro vedere uomini in strada che davanti a un tavolino giocano a Mahjong, la tradizionale dama cinese
Il nostro alloggio a Pechino
Dopo aver a lungo meditato, aver letto e guardato, la mia scelta per l’alloggio è stata per il Tangfu Boutique hotel, nel vicolo Nanluoguxiang, perchè mi sembrava una buona zona, abbastanza centrale, vicino ad alcuni importanti monumenti, come la Torre del Tamburo e della Campana, vicino ai laghi e a zone caratteristiche, e non lontana dalla Città Proibita
Non avevo all’inizio ben capito che si trovava in uno degli hutong turistici più frequentati, strada pedonale piena di street food e negozi, e credo unico hotel della via, ma questo è stato anche il plus di questa location, che me la farebbe riscegliere ancora: da poco prima del tramonto la strada si riempie di gente che passeggia, e si trova veramente di tutto. E noi ci siamo trovati subito in mezzo alla bolgia e all’anima di Pechino!
L’hotel si confonde sulla strada: l’ingresso è a fianco ad uno Starbucks, la reception non è grande, caratteristica dei boutique hotel, ma offre personale che straordinariamente parla inglese, ed è gentile e disponibile. All’ingresso mette a disposizione macchinetta per il caffè, bollitori con diversi tipi di tè, e snack salati e dolci
Avevo scelto una courtyard room, senza finestra ma con una porta a vetri che dava su un cortile: camera sufficientemente grande, con proiettore e schermo grande quasi come la parete al posto della tv, ciabattine, spazzolini e dentifricio inclusi, in camera bollitore con tè caffè, caramelle e salatini, e acqua in bottiglia, a disposizione.
Il bagno non era, come avevo visto in molti hotel, un cubo a vetri nella stanza: era un vero e proprio ed elegante bagno
All’arrivo ci hanno anche offerto squisiti dolcetti, frutta e bibite, come benvenuto
Non tutte le camere sono uguali, pertanto non saprei dare un giudizio sulle altre: la nostra era rinnovata e moderna, e ci siamo trovati benissimo.
A pochi metri dall’hotel si trova Gulou street, dove il Didi lascia o preleva, non potendo entrare nel vicolo (ma la strada da fare con i bagagli è davvero poco), piena di ristoranti, market e negozi; dall’altra parte, a circa 700 metri, si trova la stazione della metro Nanluoguxiang, e la trafficata Dianmen Dongdaije.
Pechino: cosa abbiamo mangiato
L’impatto con il cibo è stato.. piuttosto duro!
La prima sera abbiamo deciso di provare l’anatra laccata, una specialità tipica: il difficile è stato farci capire per ordinarla. Siamo entrati in un ristorante a Schichahai, il menu non era in inglese, ma c’erano le figure: tuttavia pur con quelle, e con il traduttore non è stato facile, tanto che a un certo punto mi sono alzata e sono andata a mostrare un’anatra appesa in esposizione, per far capire cosa volevamo. Insieme all’anatra ci hanno portato acqua calda: è qui che abbiamo scoperto che i cinesi pasteggiano con quella! Meno male che avevano anche un frigorifero dove poter mostrare l’acqua minerale fredda che volevamo. Assieme all’anatra ci hanno portato una specie di chapati, dentro ai classici contenitori dei ravioli: il cameriere, vedendoci un po’ confusi, si è infilato i guanti e ci ha mostrato come avvolgere i pezzi di anatra in questo pane morbido
Abbiamo ordinato anche delle squisite melanzane, preparate chissà come!!
Tutto comunque era buonissimo ed è stato anche divertente avere tutti i camerieri attorno, che cercavano di capire e farci capire cosa mangiare!
I giorni successivi abbiamo assaggiato i ravioli cinesi, i dampling, buonissimi, con carne, riso o pesce
Maiale, cucinato in diversi modi, pollo in agrodolce o alla piastra, e involtini
Non potevamo non assaggiare l‘hotpot, caratteristico cinese: una specie di bourguignonne, ovvero una pentola rialzata con sotto delle braci, dove bolle acqua con verdure, e dove cuocere carne o verdura, da gustare accompagnate con salse: la carne era davvero buona, ma per me non molto saporita, la salsa che avevamo ordinato non mi piaceva molto, per cui ho chiesto, e sono riuscita ad avere del sale!
Spesso abbiamo scelto di mangiare in posti tipo street food, che avessero qualche tavolino per sedersi (qui per esempio abbiamo mangiato dei giganteschi spiedini di carne, buonissimi, con il loro pane tipo piada)
o, in Wangfuijing street, siamo andati in un ampio spazio dove il cibo era in mostra, ed era così più facile scegliere: c’era di tutto, e abbiamo mangiato benissimo
Poi abbiamo assaggiato anche questa particolare patata fritta
la frutta caramellata, diversi pancake ripieni ottimi.. insomma, alla fine ce la siamo cavata, a volta spazientiti, altre volte divertiti!!
Le opzioni per chi non mangia carne però non sono molte, soprattutto negli street food: qualche volta si trovano seppie o polipo, cucinati sulla griglia, gamberetti, riso con verdure o tofu
Tra gli highlights di Pechino ho tralasciato di parlare di una destinazione che merita un articolo a parte:
la Grande Muraglia!
p.s. quando ho scritto “biglietti acquistati in loco” nelle biglietterie, mi riferisco ad un periodo non di altissima stagione, quando è importante informarsi sulla possibilità di trovarli disponibili o dell’opportunità di acquistarli in anticipo (in caso di acquisto da intermediari i prezzi possono essere molto più alti)
Dopo Pechino, saremmo partiti per andare a vedere una località che aspettavamo di vedere con ansia: la patria dei Panda!
E via quindi a prendere il primo treno velocissimo, che in 7 ore ci avrebbe fatto percorrere 1800 chilometri, sfiorando anche i 350 km all’ora, in direzione Chendgu!
Conclusioni
Pechino mi è piaciuta tantissimo! Tanto che è una di quelle città in cui tornerei volentieri!
Settembre 2024
per le informazioni pratiche leggere qui
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Un Cat Cafè tra gli hutong di Pechino!
Sarà che noi gattari ce li attiriamo i posti come questi???..
Dopo il Cat Cafè trovato per caso a Bratislava, e quello a Cagliari, chi si aspettava di trovarcene uno di fronte, in un hutong (piccolo vicoletto con basse case di corte tradizionali) di Pechino?
Eppure, stavamo tornando verso il nostro hotel poco distante, a Nanluogxiang, e stavamo percorrendo uno sconosciuto hutong visto sulla cartina, Fangjia hutong, che lì si dirigeva, quando vediamo la scritta:
CAT CAFÈ MOCHA
Sbirciamo dentro, e subito ci entusiasmiamo alla vista di un gattone bellissimo che sta a mangiando.. e poi dietro il vetro tanti tanti altri gatti..
Entriamo, e ci sono due ragazze in una specie di reception; chiediamo informazioni, col poco inglese che capiscono, e aiutandoci col traduttore: potevamo farci un caffè o un cappuccino dalle macchinette, ed entrare dai gatti per mezz’ora per 30 Yuan, l’equivalente di 3.86 euro.
Ci facciamo il caffè, ci danno dei calzari da mettere sopra le scarpe, leggiamo le regole, e altre informazioni, tipo che i gatti sono tutti vaccinati, e che quelli col collarino sono più irrequieti.. e ci fanno entrare…
E’ il mio regno😻😻: gatti everywhere😻😻😻!!
Non sapevamo dove guardare! C’erano gatti appertutto, ma belli belli, di tutte le razze, in uno spazio bellissimo, arredato in legno, pieno di cucce, altalene, mensole, buchi per gatti😽
Mi innamoro subito di uno scottish fold, o forse era un british shorthair,.. ma che importa ce nè uno più bello dell’altro, perfino lo sphynxs senza pelo, che non mi è mai piaciuto, trovo carino😍…
Ce ne sono di enormi
e di simpatici che mi guardano con la faccia buffa, chi sta dormendo in una scatola, e chi sale sull’altalena
chi giace in alto in incognito, chi cerca di evitare gli umani, chi invece è curioso, chi rincorre un gioco con una piuma, chi ti guarda, come fanno i gatti, altezzoso
Noi sembriamo impazziti!😹
C’è anche un tabellone con tutti i nomi: sono più di 50😸!!
Lo spazio è bello, ordinato, pulito, i gatti ben tenuti e curati
A un certo punto tirano fuori il cibo e tutti i gatti accorrono: che spettacolo vederli lì vicini, tutti assieme, così tanti🙀🙀.
La mezz’ora passa troppo velocemente, e non possiamo neanche fermarci di più: i nostri ritmi a Pechino non lo consentono!!
Ma questo luogo, il Mocha Cat Cafè, trovato per caso, girovagando in città, è stato un grande plus del nostro soggiorno a Pechino! Un altro posto meraviglioso, da aggiungere a quelli della giornata, la Grande Muraglia e il Tempio dei Lama, e prima di quelli grandiosi che ci avrebbero aspettato nei giorni a venire: a fronte di tutto quello che si deve pianificare per un tour in Cina, l’imprevedibile e inaspettato è quello che sorprende di più, e contribuisce a rendere indimenticabile il viaggio🥰
settembre 2024
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Cina: Xi’an, magnifica antica capitale della Cina e città dell’Esercito di terracotta
Difficile dire quale sia la città che più mi è piaciuta nel mio viaggio in Cina: Xi’an però l’ho trovata davvero bella, affascinante e con una gran bella atmosfera.
Xi’an è l’antica capitale della Cina, ha una cinta muraria risalente all’epoca Ming (1370), alta 12 metri, larga fino a 18, e un perimetro di 14 chilometri, che racchiude la città, che è un mix di modernità, di larghi viali, e di edifici antichi molto belli.
Arriviamo a Xi’an da Chendgu: sono solo 3 ore e mezza di treno, ma siamo parecchio stanchi dalla giornata intensa precedente, quando abbiamo visitato in una giornata la riserva dei panda e i Budda di Leshan. Abbiamo la speranza che ci sia meno caldo umido rispetto a Chendgu, ma appena mettiamo i piedi a terra dal treno, sentiamo che, no, c’è la stessa calura!
Prendiamo la metro per raggungere l’hotel, che ho scelto, di nuovo, in pieno centro. Alla fermata di Zhonglu street, impieghiamo parecchio tempo per capire quale sia la direzione giusta, nella rotonda sotteranea centrale, enorme, che si trova sotto alla Torre della Campana, da cui si diramano a raggera una moltitudine di uscite: comoda per evitare il traffico del crocevia, ma al’inizio.. che casino!!
Giungendo nella piazza, avevo come riferimento la Torre del Tamburo, per trovare il nostro hotel ma impieghiamo un pò per trovarlo: è sotto il porticato di un palazzo antico, ed è una parte di quest’ultimo, e guarda proprio sulla piazza, ma all’esterno c’è solo un’insegna con caratteri cinesi!
Ci rendiamo conto subito che la posizione è superba, sulla via della Torre del Tamburo, che si vede completamente, dall’alto, dal delizioso sky garden dell’hotel.
Prima di iniziare ad andare in giro per la città, però, ci dobbiamo riprendere dal caldo, che qui, si fa ancora pesantemente sentire, a differenza dell’ottima temperatura trovata invece a Pechino
Le principali attrazioni di Xi’an
I principali monumenti di Xi’an, si trovano all’interno del largo perimetro delle mura e sono:
-la Torre della Campana (Bell Tower)
Si trova al centro di un crocevia, è molto scenografica alla sera quando si illumina, e risale al 1582: al suo interno si trova una campana. Spicca fortemente il contrasto tra la modernità delle strade trafficate, e l’antichità del monumento
-la Torre del Tamburo (Drum tower)
E’ risalente al 1380, e contornata all’esterno da lunghe file di tamburi rossi
Merita sicuramente una visita all’interno, per camminare sul suo perimetro, e vicino ai tamburi, per vedere la bella sala, dove, ogni mezz’ora, si svolgono anche sessioni di musica incantevoli
Dalle terrazze della torre si ha la gradevole vista sulla città
La Torre del Tamburo è stato il monumento che più mi è piaciuto a Xi’an: si tova in una zona pedonale, su una piazza, e a fianco alla strada principale del quartiere mussulmano Beiyuanmen, e con l’illuminazione della sera, è davvero splendida
-il quartiere mussulmano
Sorge lungo la via pedonale Beyuanmen, una strada piena zeppa di insegne colorate, chioschi che espongono cibi di tutti i tipi, ristoranti, banchetti, negozi di dolciumi
Si trovano cose davvero curiose, come ingressi con nebbie e dragoni
La sera la strada è molto affollata e chiassosa, lo street food imperversa
Lateralmente alla via principale, si snodano vicoli e vicoletti, dove ci sono per lo più mercatini di souvenir. In una di queste stradine, si trova la Grande Moschea, inserita nei patrimoni UNESCO, risalente al 742 d.c., uno dei luoghi di culto islamico più importante della Cina. E’ molto grande, ha 4 cortili interni, con edifici in caratteristica architettura cinese con tratti islamici, e merita sicuramente entrare per visitarla: a noi è piaciuta molto anche per l’aspetto autentico ed essenziale.
-le mura cittadine
Le mura di Xi’an risalgono al XIV secolo, dinastia Ming, sono ottimamente conservate, e sono una delle attrazioni più affascinanti della città. Ogni 120 metri si trova un bastione, e le lanterne rosse che decorano la via, la sera si accendono, creando una grande atmosfera e un contesto molto suggestivo
Noi entriamo dal south gate, acquistando in biglietteria i biglietti, e poi percorrendo un corridoio che porta alla scala per salire
Rimaniamo subito impressionati dalla larghezza delle mura: sembra di essere su una strada a più corsie!
Giungiamo che è già l’imbrunire, e con l’intenzione di affittare delle biciclette per percorrerne un tratto. Poco oltre l’ingresso troviamo l’ufficio per il noleggio: non abbiamo tanto tempo, perchè sono già le 20, e il servizio chiude alle 21.30, ma è il modo migliore per percorrere un po’ di strada, vista la lunghezza del perimetro di 14 chilometri!
Pedaliamo sulle mura che ormai è buio, e vediamo la città illuminata dall’alto
Restiamo affascinati dagli edifici bordati da lucine e da tutte le lanterne rosse che ci fanno proprio sentire di essere in Cina
C’è molta gente, all’inizio del percorso, ma pochissima proseguendo avanti: qualcuno con gli abiti tradizionali, che qui usa molto affittare per una giornata, si fa delle foto, e sembra davvero di essere su un set cinematografico, o dentro ad un film
Decidiamo poi di ritornare indietro, e riconsegnamo le bici alle 21, pagando circa 18 euro.
Il giro sulle mura di Xi’an è valso davvero la pena: di nuovo, come altre volte ci è già capitato qui in Cina, ci è parso di essere catapultati indietro nel tempo
Questa città, Xi’an, dove si arriva di solito per l’Esercito di Terracotta, si è rivelata una bellissima scoperta nel suo insieme!
Fuori dalle mura si trova la Pagoda della Piccola Oca Selvatica, che non abbiamo visitato, e
-la Pagoda della Grande Oca Selvatica
Risalente al 652, fu costruita per custodire dei libri buddisti: si trova all’interno di un monastero buddista, nei cui giardini c’è un’atmosfera molto tranquilla e gradevole
La Pagoda si può raggiungere con la metropolitana: noi facciamo un po’ di fatica a trovarla, perchè la mappa non segnala correttamente la fermata, e alcuni blog non indicano quella giusta, che è Dayanta Pagoda Station; quindi dal punto dove scendiamo, facciamo un tratto a piedi, poi ci pare lungo (abbiamo un’intensa giornata davanti) e proviamo a prendere le biciclette in affitto con Alipay, -quelle azzurre– con cui percorriamo pochi chilometri, arrivando al punto in cui l’ingresso è interdetto, e così proviamo anche questa esperienza (un po’ incasinata perchè poi abbiamo qualche problema ad identificare la zona dove devono essere lasciate le bici. e a ribloccarle), e, infine, c’è da percorrere a piedi un lungo viale pedonale, per arrivare all’ingresso della Pagoda, dove si possono acquistare i biglietti
La vediamo solo dall’esterno, ma è valsa la pena arrivare fin qua, per tutto il contesto in cui è inserita
La visita dura circa un’ora, poi chiamiamo un Didi (taxi): ci aspetta una delle cose per cui siamo qui, la meraviglia dell’Esercito di Terracotta
Tra le principali attrazioni di Xi’an, non possiamo non mettere… noi!!
Continua infatti, qui, l’interesse dei cinesi nei nostri confronti, anche di quelli che affittano gli abiti tradizionali per un giorno, con tanto di trucco e parrucco, che si fanno fotografare in ogni monumento.. ma che chiedono la foto anche con noi, e sono felicissimi quando accettiamo di farla!
Curiosità: anche qui, come ovunque andiamo, troviamo in ogni monumento, il gelato con la forma del monumento stesso: tra l’altro molto buono, e con bel packaging, una cosa davvero divertente!
Il nostro hotel a Xi’an
L’hotel centralissimo che ho scelto è l’Ibis Styles hotel (Xi’an Bell and Drum Tower Hulmin Street).
A 700 metri dalla metropolitana, l’hotel è in una parte di un palazzo storico, sotto ad un portico dove ci sono negozi, e per questo poco visibile, e guarda su un lato della piazza principale; il personale non parla per nulla inglese, la stanza è spaziosa e gradevole (manca il frigorifero che sarebbe stato utile). Come negli altri hotel, non prendiamo la colazione, perchè di frequente in Cina è solo, o prevalentemente salata: gli hotel hanno comunque tutti il bollitore e in dotazione te e caffè, e noi ci compriamo tortine o biscotti da consumare in camera
Ma la cosa migliore di questo hotel, dall’ottimo rapporto qualità prezzo, è la superba location, su una strada vivace che porta alla vicinissima Torre del Tamburo
La Torre si può ammirare in tutta la sua bellezza dal delizioso sky garden all’ultimo piano
Nei giorni che rimaniamo, al mattino presto e alla sera prima di dormire, io vado a godermi qualche istante di relax, in questa oasi di pace e bellezza
Trasferimenti: da stazione a hotel, e viceversa metropolitana, fermata Zhonglu, a fianco alla Torre della Campana; dalla città all’Esercito di Terracotta Didi (12 euro a tratta)
Biglietti monumenti: tutti in loco
Conclusioni
Xi’an ci è piaciuta molto, eccezionale la visita all’Esercito di terracotta, per cui di solito si sceglie di fare tappa nella città
L’esercito di terracotta di Xi’an, in Cina: davvero l’ottava meraviglia del mondo!
Ma Xi’an è assolutamente una gran bella città dove fermarsi con calma, per tutti i suoi monumenti. Soprattutto ci è piaciuta l’atmosfera gradevole, amplificata dalla location centrale del nostro hotel. Avrebbe meritato sicuramente oltre 2 giorni di permanenza, ma dovevamo ritornare verso Pechino, fermandoci alla prossima tappa: Pingyao, la città di Lanterne Rosse!
settembre 2024
Venivamo da
Cina: escursione da Chendgu a Leshan per vedere i Budda giganti
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Cina: Chendgu e i panda, meravigliose e buffe creature!
Chendgu è conosciuta come la città dei Panda. Tuttavia ci ha sorpreso anche per altro: il suo aspetto avvenieristico di megalopoli, con grandi grattacieli si mescola con elementi originali, zone tradizionali e aree verdi dove la natura prorompe, e in queste visioni contrapposte emerge la cultura dei suoi abitanti.
Dalle case da tè, alle persone che si fermano in una piazza a fare balli tradizionali, a chi si gode un giro con la barchetta nel laghetto del parco, ai tanti giovani in giro, ai molti ragazzi cosplayer, ovvero vestiti come personaggi di cartoni, film o fumetti, Chendgu è una città vitale, che pullula di gioventù e originalità, che ha subito catturato la curiosità della nostra, quasi, ventenne.
Ma anche noi abbiamo destato curiosità come occidentali, e non è mancato chi ci ha fermato per chiederci di fare una foto insieme, la prima di una lunga serie di richieste!
Chendgu dista 1800 km da Pechino, è raggiungibile con un volo interno o con 7 ore di treno veloce (la nostra opzione) che raggiunge anche i 350 km orari.
Davvero lontano come destinazione per un viaggio di 9 giorni.
Ma sapevo che se avessi proposto di andare a vedere i panda al resto della famiglia, avrei trovato tutti d’accordo. Inoltre nei dintorni, a circa 200 km di distanza, c’era la possibilità di andare a Leshan, e vedere il Budda scavato nella roccia più grande del mondo. Per 2 attrazioni poteva valere la pena il lungo viaggio!!
Quindi, avvisati dello sforzo da sostenere per questa tappa intensa, che per gli orari dei treni avrebbe comportato la visita in una giornata di entrambi i posti, ne ho programmato l’inserimento nell’itinerario: per i panda, questo ed altro!🦝
La città di Chendgu
Peccato aver poco tempo per visitare Chendgu nella regione del Sichuan: oltre all’attrattiva dei panda e dei Budda, la citta è anche considerata la capitale della moda, ha antiche origini ed è rinomata per avere la migliore cucina della Cina.
Arriviamo alla stazione di Chendgu, e prendiamo un taxi per il nostro hotel, e subito ci accorgiamo che è la città dei panda: c’è una concentrazione di statue in 3d, gadget, immagini, cose a forma di panda, davvero esagerata: si vedono panda ovunque!!
Il che è divertente, ma effettivamente un pò eccessivo: il business creato attorno a questi animali è davvero immane. E non solo a Chendgu, perché gadgets dei panda si trovano anche in altre città della Cina, essendo l’animale simbolo del paese
Tianfu square
Tianfu square è la piazza principale della città, ed è la prima sorpresa
La piazza circolare, molto grande, ci accoglie con una meravigliosa rosa al centro, con colori intensi che spiccano sul grigio, e sugli specchi dei grattacieli che la circondano.
Uno strano contrasto, ma che io ho trovato molto affasciante, e un luogo dove con piacere ritornavo, essendo il nostro alloggio molto vicino
A lato di tutta questa modernità, si trova una grande statua di Mao Zedong
La piazza ha anche un piano sotteraneo, in parte aperto, luogo anch’esso di passaggio, di ritrovo, di shopping
La sera, illuminata, è davvero splendida
Il Chengdu People’s Park
Il People’s Park è una sorprendente oasi di verde in mezzo ai palazzi e ai grattacieli di Chengdu. E’ un parco enorme dove si trovano ruscelli, un lago, case da tè e ristoranti caratteristici, mercatini, e soprattutto una vegetazione tropicale stupenda
Sembra di entrare in un altro mondo, dove il rumore del traffico è sostituito dal canto degli uccellini, uno spazio di pace e di bellezza molto rilassante.
Quello che a un certo punto ha catturato la nostra attenzione è stata un area molto grande con vialetti dove si trovano bacheche con annunci, rosa o azzurri
Di primo acchito abbiamo pensato ad annunci immobiliari, ma usando il traduttore abbiamo poi capito che si tratta di annunci per incontri presumibilmente matrimoniali, che vengono appesi: impressiona vederne la quantità, quello che da noi ormai avviene solo via internet, tramite siti d’incontro, qui è tangibile e sotto gli occhi di tutti all’interno di un parco!!
Kuan Zhai Alley
Questa zona comprende i vicoli di Kuan Alley, Zhai Alley, vicolo largo e vicolo stretto, e Jing Alley, strade antiche restaurate con precisione, con case e cortili tradizionali, negozi di cose curiose e da assaggiare, ristoranti e street food
Arrivando dalle grandi arterie della città, piene di grattacieli e strutture moderne, ed entrando in questi vicoli, sembra proprio di fare un salto indietro nel tempo, essendo proprio dentro al centro della città!
Da qui iniziamo, e cio’ prosegue nelle città a venire, a vedere molti negozi in cui le donne possono truccarsi, pettinarsi e vestirsi come da tradizione
Ceniamo in questi vicoletti, in un piccolo locale sulla strada che ci aveva ispirato, dopo essere riusciti a fatica, ma anche con divertimento, ad ordinare: ancora ci ricordiamo il gusto di quanto mangiato, effettivamente qui c’è una gran buona cucina!
Peccato davvero essere rimasti così poco nella città di Chendgu, tutti e 3 avremmo voluto rimanere, vedere le altre cose che ci sarebbero state da vedere, e godercela di più!!
Il Chengdu Research Base of Giant Panda Breeding
I panda sono alcuni degli animali più rari al mondo, e fino a pochi anni fa, rischiavano l’ estinzione.
Sono patrimonio nazionale cinese e si trovano solo in alcune Province della Cina tra cui il Sichuan, dove si trova il Chengdu Research Base of Giant Panda Breeding
Questa riserva è la più vicina alla città, a 10 chilometri di distanza, è un organizzazione senza scopo di lucro, che dal 1987 si occupa di fare ricerca e allevare panda giganti, per garantire la conservazione della specie, ricreando per loro un habitat naturale.
Il centro originariamente ospitava 6 esemplari, con lo scopo di incentivarne la riproduzione: l’obiettivo è stato raggiunto, e secondo quanto dichiarato nel sito, a ottobre 2024, ci sono 244 esemplari di panda gigante, che non è più a rischio estinzione.
Oltre ai panda che conosciamo, con il loro mantello divertente bianco e nero, il centro ospita i panda rossi, o panda minori, molto carini e simpatici (ma nessuno batte i panda bianchi e neri!), anch’essi con una sorta di mascherina sugli occhi, molto più piccoli, con la livrea rossiccia, e la coda ad anelli. Di questi esemplari ce ne sono 160 nel centro. Entrambi questi panda vivono solo in Cina e, anche se carnivori, si nutrono prevalentemente di bambù
Anche il turismo verso i centri, che sicuramente serve per il loro mantenimento, non sembra sempre un turismo etico ed educato. Nel parco che abbiamo, visto gli animali non sembrano disturbati dalle persone per gli spazi ampi in cui vivono e si muovono, ma le orde di turisti che in certi momenti (agosto o le feste cinesi) arrivano, fanno vivere la visita in modo tutt’altro che tranquillo e godibile, a mio avviso.
Noi siamo capitati in un giorno della mid autumn fest, e tanta gente era già presente, come noi in attesa, prima dell’orario di apertura: quando hanno aperto i cancelli, una folla che pareva indemoniata ha cominciato a correre… verso cosa poi? un punto dove la sicurezza radunava le persone in coda, facendole entrare poco alla volta
Biglietti: fatti la sera precedente su Trip, la fila da fare per gli occidentali è quella dei passaporti.
La visita al Research Base of Giant Panda Breeding
La visita può durare anche più di mezza giornata perché il parco è molto bello. Tuttavia i percorsi, sebbene segnalati, non mi sono sembrati molto chiari.
All’apertura le persone hanno cominciato a correre per arrivare ad un punto in cui i guardiani hanno fatto accedere a gruppi, l’inizio del percorso, dove si poteva vedere il primo panda che dormiva
Poi la gente si è sparpagliata per il parco, alla ricerca di altri panda: non è così facile trovarli, perché loro si muovono, e il parco è grande
Cartelli con i nomi, e le caratteristiche di qualche esemplare, si trovano nelle aree dove abitano, ma non è detto che siano visibili, magari sono a dormire o rintanati da qualche parte
Quindi, dopo l’ingresso, parte una ricerca per individuare gli animali
Noi siamo riusciti a vederne 6 o 7 all’aperto, alcuni che mangiavano o giocavano tra di loro, si arrampicavano, e scendevano dagli alberi, e uno che dormiva su un tronco, ma proprio in alto!
Non si vedono da molto vicino, ma abbiamo li abbiamo potuti ammirare a fare tutte le cose buffe che si vedono fare ai panda nei video che si trovano on line
Dopo le 10 del mattino, nelle varie aree è stato messo un cartello con scritto che i panda sarebbero stati visibili in ambienti al chiuso, per l’alta temperatura, cosa di cui eravamo al corrente: durante le estati calde, i panda hanno bisogno di stare in locali refrigerati, per questa ragione è importante arrivare al mattino, all’apertura, nel tentativo di riuscire a vederne qualcuno all’esterno, nel loro habitat naturale
Nelle aree interne i panda si vedono attraverso vetrate, e anche più da vicino
Abbiamo poi visitato l’area dei red panda: questi animali non soffrono il caldo come gli altri, quindi si trovano sempre all’aperto. Ne abbiamo visti parecchi che mangiavano, o dormivano sugli alberi
Il parco è molto bello, la vegetazione è splendida, il caldo umido è un pò debilitante, l’affollamento crea un pò di fastidio: abbiamo saputo poi che la folla era dovuta alla festa di mezz’autunno di 4 giorni, che porta i cinesi a visitare posti come questo (per questa festa al ritorno all’hotel abbiamo trovato in camera dei dolci caratteristici chiamati moon cake, gentilmente offerti)
Dal sito siamo usciti attorno alle 11, per recarci poi a Leshan.
Il nostro hotel a Chendgu
L’hotel che avevo scelto a Chendgu è davvero a pochi passi dalla piazza principale della città, Tianfu square, e comodissimo alla metro (all’andata, dalla stazione Chendgu est, abbiamo preso un taxi, ma conviene usare la metropolitana che evita il traffico, come abbiamo fatto quando dovevamo ritornare in stazione): location formidabile e stanza stupenda ad un prezzo davvero ottimo, 50 euro la tripla di 39 metri quadri: il City Huaguoshan Hotel
Attiguo al gigantesco Celebrity hotel, ha una reception modesta, dove non parlano una parola di inglese; la stanza al decimo piano, con grande vetrata sui grattacieli è veramente bella!
Ha un angolo delizioso per il tè, con tavolino basso, più uno spazio con divano, dalla parte opposta
Il bagno è grande, in dotazione ci sono ciabattine in spugna ricamate, e accapatoi: è stata la migliore sistemazione del nostro viaggio
Conclusioni
La città di Chendgu ci è piaciuta molto. È una grande metropoli moderna e simpatica ma non opprimente, con alti grattacieli ma anche un bel parco e una zona antica e caratteristica, e diverse attrattive: a nostra figlia è piaciuta molto per l’atmosfera giovane e vivace, e tutti e 3 abbiamo convenuto che sarebbe stato bello fermarsi di più in questa città!
I Buddah a Leshan, di cui racconto a parte qui
Cina: escursione da Chendgu a Leshan per vedere i Budda giganti
meritano sicuramente la visita, e anche la riserva dei panda, ma se si avesse più tempo, forse potrebbe valere la pena visitare altre riserve più distanti e meno frequentate, come il Bifengxia Panda Reserve o il Dujiangyan Panda Base.
settembre 2024
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